lunedì 24 novembre 2014

Connessioni

"Prima di partire per un lungo viaggio, porta con te la voglia di non tornare più". Così cantava Irene Grandi nel 2003. Immagino che sia un consiglio ottimo, se non fosse che prima di partire per il viaggio che ti porterà ad un distacco fisico da chi più ami, il primo di numerosi viaggi futuri, la voglia di rimanere c'è e si sente.

Partire vuol dire cambiare aria, trovarne di altra che possa migliorare il tuo futuro. Ad ogni modo nella testa la voce della paura si domanda con voce alta "Se rimanere qui fosse la cosa migliore per te?". Perché in fondo ai giovani italiani chi glielo fa fare di prendere e smontare una stanza da letto per trasferirsi in un letto piccolo e cigolante con persone sconosciute? E chi lo ha detto che si sta facendo la cosa giusta e che sarà un'esperienza piacevole? Nessuno. 

Quando si prende una decisione del genere si ha la sola certezza che di certezze ce ne saranno poche. Una di queste è sapere che in quel luogo chiamato casa, fatto da una famiglia amorevole, da strade percorse infinite volte e dai visi amici e dai ricordi duri come il marmo, un giorno potremo tornare e potremo prendere un po' del calore che stiamo lasciando sul nostro letto. 

La mia generazione è fatta principalmente da due tipi di persone: quelle che vogliono stare al sicuro e quelli che vogliono stare al sicuro, dopo, nel futuro e che hanno capito che fare parte della fascia dei ventenni vuol dire avere ancora ossa e mente pronte per un trasloco dell'anima. Perché è facile tornare a casa ma elimina ogni tipo di difficoltà affrontata. Possiamo paragonarlo al non fumatore che smette per alcuni mesi e poi si fuma una sigaretta per riprovarne il sapore e quel sapore gli piace e allora ne comprerà un pacchetto fino a che la dipendenza l'avrà in pugno. Tutto possono dire di quelli come me, quelli che prendono e traslocano il muro delle foto, ma non che siamo dei dipendenti dai nostri affetti.

Gli affetti è possibile viverli senza alcun bisogno di esserne legati a filo corto. Ecco perché siamo una generazione di coraggiosi, perché nonostante il filo sia lungo centinaia di chilometri, possiamo apprezzarne il vero valore e più passano i giorni e più ci terremo stretti al filo con mano leggera, senza strette, senza strattoni, con il peso di chi ha preso la sua strada e non si dimentica delle altre.

domenica 23 novembre 2014

Il primo decalogo della storia

C'è chi detta i 10 comandamenti, c'è chi li ricorda e c'è chi li ricorda e non gli importa di rispettarli e poi ci sono io che non per una vampata di egocentrismo ma per stare al passo con i tempi, ho aggiornato il dettato divino. La mia versione.

Io sono una persona comune:


  1. sei come gli altri, né più e né meno,  per la maggior parte del tempo non avrai altri rapporti se non con te stesso: rispettati
  2. non parlare male degli altri alle loro spalle, abbi coraggio e digli le cose in faccia, cose intelligenti, non stupide
  3. ricordati gli eventi importanti, le persone importanti e non dimenticarle per una relazione semi-seria perché se fai così meriti la sifilide
  4. onora il padre e la madre perché se non sono sui giornali per un tentato omicidio alla tua persona ti amano incondizionatamente nonostante sia un rompiscatole come tutti gli esseri del mondo
  5. non uccidere, non fare del male e non usare violenza in modo ingiustificato ma se ti fanno del male ripagali con l'indifferenza e la pietà perché queste azioni rivelano instabilità e forte senso di inadeguatezza nello stare al mondo e queste persone meritano l'isolamento
  6. fai sesso perché il sesso è il termometro delle relazioni e perché le endorfine te ne saranno grate e fallo protetto o le malattie verranno accolte dal tuo corpo
  7. non rubare ma lavora sodo per permetterti ciò che vuoi così la finirai di essere una persona gelosa e invidiosa e di lamentarti perennemente della tua vita
  8. non dire bugie perché con i social network di quest'era è facile sgamare chiunque, in qualsiasi posto e in qualsiasi momento
  9. desidera la donna o l'uomo d'altri ma tenta di non andarci a letto oppure il comandamento numero 5 perde di valore e quella persona è autorizzata a farti del male a te e al/alla partner che ti ha messo le corna
  10. fatti una vita e punta a renderla migliore, non costruirla guardando a quella degli altri perché tanto tu non la potrai mai avere, potrai avere la tua e potrà essere più misera ma pur sempre la tua e hai tutto il tempo per farne un capolavoro: il tuo
Il decalogo è finito, aggiornato e pubblicato. Leggetelo e ridetene e se qualcuno può, riflettete.

venerdì 21 novembre 2014

Due persone possono tenere un segreto se uno dei due è morto

A 22 anni si è in quella fase in cui si è a metà tra l'essere adulti e l'essere degli incapaci eppure tanti giorni sono stati collezionati e in questi giorni abbiamo accumulato tanto da dire e poco che può essere detto. Ognuno di noi ha dei segreti, chiunque, anche la suora che ci sorride incurante che sta sorridendo al demonio in persona. Ed è giusto che sia così: i segreti rendono la vita viva e attiva soprattutto per l'ansia che ne deriva se qualcuno ne scoprisse i contenuti.

Io ho la mia buona dose di segreti, quelli che se rivelati farebbero scalpore ma non me ne vergogno, come li ho io ne abbiamo tutti e questa non è una protezione per non affrontare i miei fantasmi, questa è vita vera, quella di ognuno di noi.

La domanda che sorge spontanea è: cosa penserebbero di me le persone a cui più tengo? E anche io che di solito non mi interesso dei pensieri altrui sulla mia persona, comunque mi pongo questo quesito. Il motivo per cui un segreto resta tale è perché abbiamo il sentore che il segreto rivelato possa far male a qualcuno. Ecco perché è giusto saper distinguere due segreti:


  • il segreto volontario e bastardo
  • il segreto di natura e di incoscienza
Il primo è quello degli amanti,ad esempio, quello che se svelato potrebbe rompere davvero legami. Questo è il segreto di chi non ha le palle o le ovaie (per essere corretti verso il sesso maschile). Questo è il segreto di chi fa del male in modo cosciente e nel suo essere cosciente continua a far del male. Fortunatamente esiste il karma che quando meno ce lo aspettiamo rende pan per focaccia a chi di dovere.

Il secondo è quello delle persone istintive, quelle che poi si ritrovano a dover combattere con sé stesse pur di difendere il proprio segreto. E non ne vanno fiere, anzi: portare un macigno non è cosa da poco. Solo quelle a cui manca il fiato, quelle che se devono tenere un segreto è perché ne sono costrette dagli eventi e non dalla volontà loro. 

La mia insegnante diceva sempre che "Tutti i nodi vengono al pettine" e allora perché nascondere i segreti? Forse nell'era in cui tutto è facilmente visualizzabile chi ha un segreto si reputa una persona fortunata, così tanto da tenerlo solo per sé.

mercoledì 19 novembre 2014

Non seppellite il filo

"Don't bury the lead" è una frase che usano gli inglesi per incitare ad esplicitare la propria opinione, a rendere noto ciò che abbiamo in testa. Forse chi ha coniato questo modo di dire era un uomo o una donna che aveva molti nemici ma nonostante tutto sapeva il fatto tuo e non aveva paura di dirlo.

Noto che il filo è seppellito da un pezzo e in svariate occasioni più o meno ai limiti del film horror.

Il filo è seppellito quando il bullo o la bulla di zona realizzano la propria felicità dettando legge in modo dispotico nascondendo il senso di inferiorità che hanno tatuati sulle loro piccole coscienze.
Il filo è seppellito quando ci sono degli eventi "di famiglia" e si richiede un certo comportamento, un certo modo di colloquiare e un sorriso finto che nasconde invece disgusto e disappunto.
Il filo è seppellito quando viene chiesta la propria opinione su una questione e in preda al panico l'intervistato innalza la sua bandiera e regala la voce che gli altri vogliono ascoltare, non la propria.
Il filo è seppellito quando un aspirante medico, scienziato o saputello di mestiere inizia a farneticare sulle fantastiche doti del suo mestiere e butta polvere in faccia a chi non segue il suo percorso.
Il filo è seppellito quando si tradisce, anzi il filo in questo caso è più che tagliato perché tradire e nasconderlo è da senza palle, lasciarsi perché non ci si ama è un atto d'amore.

Insomma il filo è seppellito in tante occasioni ma è possibile tirarlo fuori, lasciarlo respirare, stenderlo e mostrarlo per quello che è. Gli scivoloni sono pane quotidiano per quelle persone che gli unici filtri che conoscono sono quelli del condizionatore ma saper esporre il proprio filo con la certezza che questo porterà a delle conseguenze è un atto più umano dell'esprimersi solamente tramite un computer, un messaggio o una notifica.

Dunque uomini nonostante andiate in giro con le caviglie scoperte e con le sopracciglia di Virna Lisi, prendete coraggio e dite ciò che pensate che il Paleolitico è finito da un pezzo e l'alone di mistero non lo conservate visto che siete iscritti in ogni social network disponibile sulla rete.
Dunque donne esponete il filo, non la matassa, e il filo buono, non il filo del film o della serie tv, non quello della gelosia da Facebook o della foto semi-porno su Instagram che se potessero prendere vita le donne che hanno lottato per i diritti umani vi squarterebbero neanche fossimo in una puntata di The Walking Dead.

Prendere il vostro filo e mostratelo come il più prezioso dei vostri tesori perché condividere un filo è scomodo e a dirla tutta neanche troppo attraente.

Il fantasma del compleanno presente

Il compleanno è il Capodanno personale di ogni individuo. Il giorno del compleanno si provano molte emozioni: gioia, felicità, tristezza, solidarietà e anche quel pizzico d'ansia e di senso di colpa. Con i compleanni si traccia la linea alla fine della somma, della sottrazione, della moltiplicazione e della divisione.

Si contano gli elementi che ci hanno arricchito e quelli che ci hanno tolto qualcosa rispetto all'anno precedente. Si moltiplicano le aspettative verso di noi e verso gli altri che nonostante tutti i consigli degli amici e degli amanti, noi le aspettative continuiamo ad averle. Si dividono le anime: la nostra con quelle che abbiamo perso, per volontà o per destino.

Insomma, il giorno del proprio compleanno c'è un momento della giornata in cui ti ritrovi a pensare cosa hai fatto e cosa non hai fatto, se hai amato o se non te lo sei permesso, se hai costruito o se hai spaccato i confini.

La mia personale linea delle operazioni mentali ha dato risultati abbastanza positivi. Eppure il fantasma del compleanno presente ha comunque il vizio di perseguitarti e farti domandare se ciò che stai facendo è corretto o meno. La sola risposta che riesco a dare alla sfinge della mente è che a 22 anni, oramai, è giusto correre il rischio, affrontare il mostro del dubbio, far bere le incertezze e lasciar seccare le certezze perché sebbene ci siano credo che l'occhio umano non le veda mai veramente. Ecco da cosa nasce il senso di colpa: dal fatto che non possiamo predire ciò che non possiamo prevedere e questo ci porta a dubitare delle nostre buone azioni quotidiane.

Ad ogni modo l'unica cosa che ci deve spingere ad andare avanti è la certezza che è possibile fare tutto con quella buona dose di passione e volontà, con l'idea che possiamo essere altro dagli altri e vivere comunque in comunità senza doverci per forza abbassare alle regole spietate dell'omologazione domestica perché a 22 decidere di non essere come gli altri è l'unica certezza che si deve avere.

Ad maiora.

domenica 16 novembre 2014

Stalking, prostituzione e Bridget Jones

Anche gli uomini primitivi probabilmente se la prendevano con l'amore. Ci sarà da qualche parte una grotta con la rappresentazione di un cuore spezzato, di una donna con scritto "Stronza" e di un uomo con scritto "Bastardo". Nel loro linguaggio cuneiforme naturalmente.

A scuola si studia l'epica greca e quella cavalleresca, poi Dante e Petrarca e si arriva fino a Sparks e alla letteratura contemporanea. L'insieme completo dei cuori infranti che hanno dovuto scrivere su carta o su word quando stavano male. Escluso Sparks e i suoi colleghi contemporanei, tutto il resto non soffriva di turbe psichiche associate a profili Facebook e a doppie spunte blu.
Loro si limitavano a soffrire, a stare male e buttare il dolore sulla carta. Penso che l'inchiostro sia stato l'arma più temibile della fine di una relazione amorosa fino a 20 anni fa. Poi ci sono stati gli sms, messanger e ora tutto il corredo completo di social network e applicazioni che ti permettono di stare male e dirlo ad alta voce.

Effettivamente i rapporti se non sono funzioni biunivoche perdono di significato. E se poi sono funzioni biunivoche, c'è l'unione dei due insiemi e la loro intersezione funziona, allora tutto va per il meglio. Il dramma esce fuori quando l'intersezione crea un insieme vuoto: non c'è più nulla in comune, nulla che leghi le due anime. La storia è trita e ritrita, le reazioni del genere umano d'altro canto, sono sempre più sorprendenti.

C'è chi inizia lo stalking maniacale: si trova "per caso" nel luogo frequentato dall'amat*, consulta i suoi profili social e maledice ogni elemento di sesso opposto che si avvicina alla sua proprietà, ormai ex ma la mente di chi è reduce dalla fine di una storia spesso non riconosce il valore del possesso.
Poi c'è chi si da alla prostituzione nelle discoteche: il lui o la lei che con l'atteggiamento più infantile del mondo, vanno a ballare e come minimo si baciano mezza discoteca, appena vedono un fotografo scoprono la scollatura o sbottonano la camicia pur di essere immortalati come sexy prede che potrebbero rimorchiare persino il Dalai Lama. Il risultato di quelle sere sono delle foto orribili, un herpes e un elemento vivente che pensa che ci possa essere qualcosa dopo il bacio da ubriachi in discoteca. Per i meno fortunati ci saranno anche macchie di vomito sui vestiti e sulle scarpe che ti ricorderanno quanto sei sceso in basso.
Infine ci sono i discepoli di Bridget Jones, quelli con l'Ipod attivo ogni momento della giornata, con gli occhiali scuri tatuati per coprire le serate passate sul divano vestiti con un pigiama anti-stupro, avvolti da una coperta di pile e circondati da carte di caramelle, biscotti e bottiglie di vino finite. Questa categoria la preferisco: nella disperazione sanno rallegrare gli amici.

Ognuno di noi sfoga il suo dispiacere per la fine di una storia in un modo tutto suo, basta che la delusione venga sfogata in un modo sano, di quelli che non fanno pensare a l'altr* che ha fatto bene a lasciarci andare. Siamo esseri umani, persone con dei sentimenti e con delle emozioni e più vengono messe a tacere più ci si fa del male.

E poi c'è un lato positivo in tutta la faccenda: essere single ha dei grandi vantaggi. Uno di questi? Affermare la propria indipendenza e scoprire che siamo più forti di quanto mai avremmo potuto pensare di noi stessi. Questa è una gran cosa.

venerdì 14 novembre 2014

Le truffe delle notti in discoteca

Il venerdì e il sabato sera sono due momenti della settimana assimilabili ad una truffa da servizio girato da "Striscia la notizia" o da "Le Iene". Il weekend rende le persone più disinibite e più propense al rimorchio facile. Peccato che poi ci sia la domenica mattina e la domenica pomeriggio e tutti gli altri giorni della settimana che fanno scemare l'idea di un appuntamento semi-romantico.

Più o meno funziona così. Dopo un'estenuante organizzazione di un pomeriggio, il gruppo di amici decide di andare a ballare: solito posto, solita ora eppure almeno una camomilla per decidere cosa indossare. La serata si svolge in modo ordinario: bella musica, fiumi di alcol, bella gente e gente che farebbe meglio a stare nascosta in casa. Tutto procede come dovrebbe. Ecco perché quando gli sguardi si incrociano, spinti dal negroni fatto male dal barman e dall'ormone galoppante nella notte, si inizia a parlare, a presentarsi e a scambiarsi i numeri di telefono con la promessa di un caffè. 

"Ci vediamo per un caffè" è la frase più terribile che una persona possa ricevere. Di norma può avere più significati:
  1. ci vediamo realmente per un caffè
  2. ci vediamo per un caffè e con un preservativo in tasca
  3. ti ho detto di vederci per un caffè ma era l'alcol che parlava
Nel primo caso la domenica mattina dopo un paio di battute sulla serata andata bene ci si organizza per la sera per prendere il fantomatico caffè. Se già nella conversazione della domenica uno dei due interlocutori inizia a parlare di lavoro, università e impegni imprevisti, si è già passati nel terzo caso: non vi vedrete mai. Se si ha la fortuna di prendere il caffè le possibilità di un reale appuntamento iniziano a formarsi: ci si veste eleganti ma non troppo per non impaurire l'altra parte della mela, si fa esercizio fisico per tutta la domenica pomeriggio e si controlla su Google Maps il posto dove ci deve incontrare calcolando i minuti e la benzina necessari per arrivare in orario. Si arriva al dunque, all'appuntamento vero e proprio, ci si saluta con finta timidezza e si va al tavolo chiacchierando di banalità e sperando di avere di fronte un essere umano che sappia articolare una frase di senso compiuto. Finito l'appuntamento, gradevole o meno, la serata può prendere due direzioni diverse:
  1. passeggiata romantica con organizzazione per un secondo appuntamento di cui non si ha la certezza matematica che possa realmente capitare
  2. passeggiata romantica a casa sua (secondo caso) con la certezza matematica che se ci si rivede è perché la qualità del sesso era ottimale alla decisione di rivedersi
Poi dal secondo appuntamento in poi è tutta una salita perché uscire con una persona vuol dire uscire con tutti i suoi problemi, con il suo passato e con le sue certezze sulle relazioni basate su vecchie storie e vecchie credenze che con difficoltà si riescono a migliorare. Ad ogni modo, se al secondo appuntamento ne segue un terzo, la truffa non è riuscita e si può tornare a ballare con la certezza che persone che sanno gestire i propri pensieri ancora ci sono. Probabilmente non sarà una storia a lieto fine ma avere di fronte chi sa gestire un numero di uscite superiori a uno è già un successo di questi tempi.

Buon weekend a tutti.

giovedì 13 novembre 2014

Tinte blu e Palermo rissosa

Lo dice un famoso proverbio italiano "Il mondo è bello perché è vario". 
Viviamo in un mondo in cui il libero arbitrio ha la meglio sulla maggior parte delle questioni che interessano la vita privata di un individuo. Se vogliamo fare qualcosa siamo liberi di farla, sicuri del fatto che lo facciamo con coscienza, con la sicurezza che delle conseguenze ci saranno e ce ne assumiamo tutta la responsabilità. Queste sono le caratteristiche associate agli individui adulti.
Eppure proprio oggi ho letto due articoli che mi hanno fatto pensare che le conseguenze possono essere alle volte pesanti.
Su Repubblica.it si parla di Anna, una ragazza di 18 anni che a Settembre le è stato chiesto dalla direttrice del suo istituto scolastico di lasciare la scuola per via del suo colore di capelli blu. Anna ora studia da privatista per l'imminente esame di maturità impossibilitata ad accedere nella sua scuola e i suoi genitori hanno dato il via alle pratiche per una denuncia alla scuola. 
Su Palermotoday,it si parla di Davide, un ragazzo di 20 anni che da poche settimane ha deciso di dire ai suoi genitori di essere gay. Davide è stato picchiato e rinchiuso in casa per giorni. Riuscito a scappare dalla prigione in cui era stato costretto a stare dai suoi genitori ha denunciato l'accaduto alle forze armate e ora vive a Catania con la costante paura di essere rintracciato e ucciso. Ad aggravare la situazione sono i parenti di Davide che lo minacciano su Facebook e i compaesani della famiglia che esprimono la loro solidarietà non verso Davide, ma verso quei genitori a cui è capitato un figlio così disgraziato. 
I casi sono molto diversi tra di loro ma come punto in comune: una scelta fatta che è finita in modo spiacevole. Se nel caso di Anna sarebbe da chiarire il fatto che sempre più si sta perdendo la cognizione che in alcuni luoghi è preferibile adottare un certo tipo di costume piuttosto che un altro, nel caso di Davide c'è solo da esprimersi in modo solidale con il ragazzo che ha scelto di essere sincero e di mostrare la sua vera natura a quei genitori che lo hanno messo al mondo.
Essere sé stessi soprattutto per gli adolescenti e i giovani adulti è fondamentale per la crescita e per l'approccio al mondo esterno. Essere sé stessi è positivo in un periodo storico come quello che stiamo vivendo in cui l'omologazione è padrona delle menti. Essere sé stessi è vivere con la consapevolezza di chi siamo e di chi stiamo diventando. D'altro canto essere sé stessi è faticoso perché non tutti vogliono che tu sia, ma vogliono che come loro, tu appaia. Essere sé stessi spaventa ed è per questo che bisogna educare anche gli altri ad accettare: non è così facile essere accettati ma è possibile educare le persone a cui si vuole bene ad accettarti. Trovo inaccettabile il modo in cui sono stati trattati questi ragazzi ma d'altra parte il loro coraggio aveva bisogno di essere appoggiato da un'educazione alla diversità, una di quelle conoscenze che è messa troppo in disparte nell'educazione da parte della scuola e delle famiglie mentre per situazioni del genere aiuterebbe a diminuire questi brutti episodi di alienazione della personalità.

"Il principale compito dell'uomo nella vita è dare alla luce sé stesso."
Erich Fromm, L'arte di amare, 1956

























mercoledì 12 novembre 2014

Un apolide metafisico

Scrisse Emil Cioran "Un libro che lascia il lettore uguale a com'era prima è un libro fallito".

Credo che questo assioma possa valere per ogni tipo di scritto. Fondamentalmente la scrittura è il frutto di una necessità, un modo per poter esprimere un mondo interno che non riesce ad essere urlato. Tutti noi abbiamo i filtri sociali: i sistemi che ci frenano dal dire e dal fare tutto ciò che ci passa per la mente. Con la scrittura il filtro perde di significato e il concetto può essere plasmato rendendo la comunicazione attiva e funzionale al raggiungimento dell'obiettivo. Ora non è tempo di definire cosa sia la scrittura e lo scrittore, è tempo di scrivere, la necessità intima lo richiede.

Comunicazione Ordinaria