lunedì 12 ottobre 2015

La sindrome del lunedì

Il lunedì è un dramma per tutti. 
Sin dalla Genesi è stato il giorno più odiato dal Creatore stesso: il primo giorno ha separato la luce dal buio. Comparato a ciò che ha fatto dopo, praticamente non ha fatto poi molto. E lui è il Creatore, noi poveri mortali invece non dobbiamo solo accendere una luce, per noi il lunedì è l'inferno.

Ma tutto inizia dalla domenica. La domenica sera, mentre sei lì a ridere e scherzare con gli amici, a godere delle coccole del partner, delle lacrime di "C'è posta per te", arriva il momento in cui l'occhio cade sull'orologio e da lì inizia il tormento. Comprendi che è tardi, che se non vai a dormire presto domani neanche con una canzone di Cristina d'Avena riuscirai a svegliarti, ma per spirito di contraddizione a dormire non ci vai: è domenica e la domenica ci si riposa.

Arriva la mezzanotte e inizia la paura del domani: si punta la sveglia mandando a quel paese chi ha inventato un oggetto così tremendo e poi scatta il nervosismo che ti fa mandare a quel paese anche il povero disgraziato che ti dorme accanto, se ti dorme accanto qualcuno. 

Ti addormenti, alle volte anche con una piccola lacrima che sgorga dagli occhi, gli stessi occhi che due ore prima avevano già visto quanto dannatamente era tardi. Ti maledici.

La sveglia suona e non importa se tu abbia impostato la tua canzone preferita: la sveglia suona e quella canzone diverrà la canzone più orrenda che tu abbia mai ascoltato. Così ti svegli, rincoglionito, annaspi per trovare le pantofole che di notte avanzano lentamente e disgraziatamente sotto il letto. Imprechi. Ti rotoli verso il bagno e metti la faccia direttamente nel lavandino, accendi l'acqua e ti fai scorrere addosso la portata d'acqua delle cascate del Niagara. Poi una doccia veloce, perché quella rilassante da film in cui hai anche tempo per avere un orgasmo è pura finzione e mentre sei lì che grondi acqua e hai creato un piccolo parco acquatico nel bagno senti il bisogno primario di ogni essere definibile umano: il caffè. Così allagando il resto dell'appartamento prepari la caffettiera, imprechi nuovamente per non averla lavata la sera prima e la metti sul fuoco. 

Ora è il caos: hai 3 minuti di tempo mentre il caffè esce per asciugarti i capelli, mettere il deodorante, asciugare la Venezia materializzata nel bagno. Come sempre questo non accadrà mai: il caffè esce e non contento, guizza fuori inondando il piano cottura. Se nel bagno c'era Venezia, in cucina hai il luogo del delitto di Pomeriggio5. Spegni il caffè, lo zuccheri, lo macchi, lo bevi, lo ingoi e sei magicamente in ritardo. 

In ritardo per qualsiasi cosa: lezione, lavoro, appuntamenti dal medico, colloquio di lavoro e provino per il Grande Fratello. Perennemente in ritardo. Così ti vesti, prendendo qualcosa di strano dall'armadio, sperando che sia, non dico decente, ma almeno coordinato. E poi c'è la prova balcone, la temutissima prova balcone, momento importantissimo prima dell'avanzare verso l'uscio. Momento in cui capisci che la vita è ingannevole e per essere sicuro di ciò che hai indossato apri l'app del meteo ed è lì che capisci che hai fatto una cazzata e nello zaino, valigetta, borsa o marsupio dovrai portarti un cambio, qualcosa da indossare al volo senza che nessuno se ne accorga, quando ci sarà il picco dei 33 gradi mentre alle 8 del mattino ce ne sono 10 gradi scarsi. 

E dopo aver riempito il baule che ti trascinerai dietro per bus, tram, metro e ascensori, allora sei pronto. In quel momento potrai uscire. Ed esci, chiudi tutto. Sei fuori.
E poi ti giri e apri tutto perché ti sei dimenticato le cuffie, gli occhiali, l'agenda e pure una banana salva vita in un momento di fame tossica.
Ed esci. Chiudi tutto. Sei fuori. E ad ogni scalino, imprechi.

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