La domenica è un giorno strano: alle volte passa troppo in fretta, alle volte sembra non passare mai e alle volte si attende un'ora precisa per un evento che già si intuisce che sarà sensazionale. Ho conosciuto #LucaTommassini come il direttore artistico di X-Factor, l'ho visto dalla televisione di casa e varie volte, durante le puntate, soffermandomi sulla messa in scena di un'esecuzione, rimanevo sbalordito e pensavo che senza tutte quelle luci, quelle strutture, quelle rappresentazioni, quei corpi che si muovevano e che si coordinavano alle corde vocali del cantante in gara, non sarebbe stato lo stesso. Cavolo, Tommassini era un artista e creava veri e propri show da perdere il fiato. Presa coscienza della cosa ho iniziato a seguirlo in tutti i miei social e Luca ha mostrato la sua storia artistica, senza cadere nel gossip ma nei dati di fatto. E da allora non ho più smesso di seguirlo, ho iniziato a vedere i video in cui ha lavorato, a seguirlo più attentamente e a prenderlo come modello: le persone creative hanno delle muse ispiratrici, lui è una delle mie.
Ad ogni modo, da qualche settimana annuncia che sta per uscire il suo libro e il primo pensiero è stato: "Devo averlo!" e così è stato. I giorni scorrevano e l'attesa cresceva e infine il libro è stato pubblicato ed è bello che Luca non lo ha sponsorizzato in modo plateale, lui l'ha detto con quel suo modo intimo e confidenziale che lo contraddistingue alla sua #tommassinivirtualfamily. Non solo è riuscito a creare una community che lo segue e che gli vuole bene ma tratta i suoi fans come una vera famiglia: si pone come un parente che vive lontano ma che vuole condividere i suoi successi e le sue riflessioni con la sua famiglia. Vuole far sapere cosa fa, che progetti ha e lo vuole condividere con la sua community più fedele: è indicativo il video in cui apre il pacco contenente la prima copia del suo libro. Ed è per questo che eravamo così tanti alla presentazione del suo #FattoreT ieri sera.
Il teatro Puccini ha avuto l'occasione di ospitare questo evento a cui hanno partecipato le tante mani che hanno collaborato alla stesura del libro, le tante anime che hanno incontrato quelle dell'autore. Ed è stato un bel salotto, condotto da LaPina che magistralmente ha presentato un libro che ha qualcosa da dire, un salotto in cui si sono andati a sostituire grandi amici e grandi collaboratori di Luca, che hanno condiviso il loro vissuto, parlato delle loro esperienze con Luca ed esaltato le sue peculiarità. Tra i nomi ci sono Chiara Galiazzo, Mara Maionchi, Eliana Guerra e tanti altri. Però alla fine le parole che più mi hanno colpito sono state quelle di Luca, quando ha parlato del comunicare con gli oggetti e costruire togliendo. Si è fatto riferimento a quando Luca, da bambino, ha dipinto il suo bagno di rosa, per far piacere alla madre o quando ha conosciuto Chiara Galiazzo e ha capito che lei non era fatta per gli abiti eccentrici e che dunque lei sul palco sarebbe stata rilassata solo con abiti in cui si sentiva a suo agio, solo in quel modo poteva esprimere il suo potenziale. Poi il "togliere per costruire" è una filosofia meravigliosa: togliere tutte le strutture che ci impediscono di esprimerci per riuscire finalmente a rappresentarci come vogliamo. Un'idea che in molti trattengono per paura di essere quello che si è in realtà.
Ed è proprio di paura che abbiamo parlato io e Luca durante il breve momento del firmacopie: non ha avuto bisogno di sentirsi importante, lui ha fatto accomodare ognuno dei suoi fan e ha chiacchierato con loro, ha chiesto quale fosse il talento e il sogno, quali le ambizioni e quanta fame avessero. Una chiacchierata con un parente che non si vede da tanto, che fa una vita da favola e che può indirizzarti sulla strada giusta per poter superare le fatiche che portano alla favola. Come ho detto io e Luca abbiamo parlato di paura, quel sentimento che ti incatena il cui carnefice e vittima collimano nella stessa persona e lui mi ha detto tante cose belle, non scontate, non banali e ha espresso un talento che ammiro molto nelle persone: riuscire a vedere le cose da un altro punto di vista, ed è questo suo punto di vista differente e illuminato che lo ha reso famoso in tutto il mondo.
Ora vi lascio che devo leggere Fattore T e se avete un sogno, un'ambizione, un fuoco dentro che non riesce a liberarsi, allora leggete il libro: è dedicato proprio a quelli come noi.
lunedì 26 ottobre 2015
mercoledì 21 ottobre 2015
Il ragazzo e la ragazza con cui non dovreste mai uscire: il caso Iceman e il caso Firewoman
Da piccoli ci leggevano le favole i cui protagonisti erano esseri leggendari: uomini pipistrello, donne sirene, cavalli volanti e piante parlanti. La magia viene mostrata ai bambini come lo strumento che va in soccorso dei prodi e dei valorosi e che invece si ritorce contro chi la usa per fini sbagliati. Durante la crescita i genitori negano tutto: la magia non esiste. Dopo aver superato il trauma crediamo davvero che la magia non esista e continuiamo la nostra vita di ordinaria difficoltà. Arriva poi il momento degli appuntamenti, degli innamoramenti, delle cazzate sentimentali. Dico cazzate perché se prima dei 18 anni siamo tutti giovani, incontaminati e vergini da traumi, dopo quell'età siamo tutti immensamente isterici, sospettosi e certi che la fregatura è lì e da un momento all'altro spunterà fuori.
Ma in questa ricerca spasmodica dell'altro Noi, per alcuni arriva il momento di imbattersi in una delle due figure mitologiche delle relazioni che ci faranno perdere tempo, speranze e occasioni di altra natura. Sto parlando degli appartenenti al mondo magico delle cause perse, degli ammaliatori seriali, delle sirene d'Ulisse, sto parlando degli esemplari di Iceman e di Firewoman.
Analizziamoli più da vicino:
Iceman è un tipo che se lo si vedesse per strada e non gli si darebbe un soldo. Per sbaglio, la vita te lo fa conoscere e subito dopo, gli daresti anche un polmone, perché la sua non è bellezza, è proprio fascino e il fascino prende subito: basta essergli accanto il giusto, per essere sotto il suo incantesimo. Insomma, non penseresti mai di poter avere una relazione con tale esemplare e invece, una volta conosciuto, non torni più indietro. Il potere ammaliatore di Iceman sta nel fatto che se anche tu ti sputtani, ti dichiari, ti struggi, lui rimarrà comunque freddo, distaccato, taciturno e questo, invece di essere motivo di mandarlo a quel paese, è motivo di attaccamento ancora più morboso, perché vorresti capire che ha in testa, cosa pensa, che vita ha fatto e invece tutto quello che fa è stare in silenzio e agire. E come agisce lui non agisce nessuno: ti bacia al momento giusto, ti coccola al momento giusto e quelle rare volte che parla dice cose giuste. Le persone più ingenue si attaccherebbero come cozze ad un tipo del genere e invece bisogna star ben lontani da tale esemplare: lui non si scomporrà mai, non si scioglierà mai, rimarrà sempre integro e egoista, sempre muto e taciturno facendoti sentire un grammofono che funziona per sé stesso. Il problema con tale genere è che non vuole una relazione, vuole solo sfruttare le sue potenzialità magiche per collezionare vittime sacrificali in nome del suo ego e nonostante il sesso, le azioni e i gesti siano meravigliosamente perfetti, niente potrà scalfire quella copertura di ghiaccio che gli ricopre emozioni e sentimenti, necessari per una relazione degna di tale nome e fattura.
Firewoman è tutt'altro che mansueta: non fatevi ingannare dalla pelle candida, dal sorriso timido e dai modi gentili. Tutto quello che lei vuole fare è attirarvi nelle sue spire e farvi sprofondare come tutti i vostri predecessori. In apparenza è una giovane ragazza definibile come "normale": non fa parte della schiera della simil-prostituta e neanche delle carmelitane scalze. Lei è una come tante, ma colleziona uomini come io collezionavo le figurine dei Pokemon. Come nel caso precedente, anche lei si conosce per caso, non per intenti ben precisi: non è bella, ha un'aura che cattura.L'inizio del pasticcio è quando viene abbordata dallo sfortunato esemplare di maschio scemo. Scemo perché in pochi secondi diventa subito suo schiavo: lei in un primo momento lo respinge, poi finge interesse e dando una vana opportunità al tipo, lui fa di tutto per tenersela stretta. Insomma questa dopo aver imbambolato la preda, combina momenti di affetto e momenti di noncuranza facendo emergere nell'uomo da lei ammaliato, sensi di colpa, complessi di inferiorità e sindromi da prestazione che lo fanno rimanere a servizio della Firewoman. La serata volge al termine e lei fa la sua prima mossa: lo bacia in modo tenero, dolce che fa percepire che da parte sua qualche sentimento sia scattato. E invece no, perché mentre il maschio scemo tenta di capire cosa stia succedendo, lei è già fuggita e da quel momento scomparirà facendo venire nella testa del maschio, dubbi, pensieri e preoccupazioni e se per caso si ritroveranno, lei sarà fredda come se non si fossero mai incontrati mentre la sua vittima inizierà il processo di guarigione da quella scottatura ancora cocente.
Ora li conoscete, sapete quali sono i segnali: se ne percepite solo una minima essenza, giratevi e scappate!
Ma in questa ricerca spasmodica dell'altro Noi, per alcuni arriva il momento di imbattersi in una delle due figure mitologiche delle relazioni che ci faranno perdere tempo, speranze e occasioni di altra natura. Sto parlando degli appartenenti al mondo magico delle cause perse, degli ammaliatori seriali, delle sirene d'Ulisse, sto parlando degli esemplari di Iceman e di Firewoman.
Analizziamoli più da vicino:


Ora li conoscete, sapete quali sono i segnali: se ne percepite solo una minima essenza, giratevi e scappate!
domenica 18 ottobre 2015
Fondazione Prada: interpretazioni sulla Torre d'oro
Si dice che il bello dell'arte sta nel fatto che generi discussione e l'arte contemporanea non può che fare questo effetto: porsi interrogativi, avere sguardi confusi e cercare risposte sono gli atteggiamenti più tipici di chi si imbatte in una mostra di arte contemporanea.
La Fondazione Prada ospita opere e installazioni davvero coinvolgenti ed espressive, arte per molti versi difficile da comprendere ma che vuole raccontare una storia che merita di essere declamata. Ma il bello di questo tipo di arte è che la storia in questione deve rimanere segreta, oppure sarebbe stata scritta su un testo e venduta in libreria. Queste storie sono il riflesso di un'interiorità che razionalmente non vuole uscire allo scoperto, ma che ha comunque bisogno di essere espressa. L'arte si è evoluta a tal punto che non vuole neanche che le sue informazioni vengano esplicitate su targhette di fredda plastica attaccate al muro: se vuoi sapere la storia di un pezzo devi prendere coraggio e chiedere allo staff e in quest'epoca di presunzione in pochi hanno tale coraggio.
Ad ogni modo, per quanto abbia visto meraviglie in quelle sale, c'è stato un posto che più di tutti ha sconvolto e saziato le mie curiosità. Parlo della Torre d'oro e delle installazioni di Robert Gobler e di Louise Bourgeois. Di entrambi conosco poco ma mi sono informato e hanno davvero qualcosa da dire quest'uomo.
Prima di tutto fanno dipingere d'oro un'ex cisterna degli anni '10 e da edifico fatiscente diventa una Torre incantata. Poi decidono l'orario di visita: le loro opere possono essere viste solo in alcuni orari. Infine per accedere ad ogni stanza della torre, bisogna utilizzare le scale: l'ascensore c'è, ma ha bisogno di una chiave per essere utilizzato, chiave non concessa a nessuno. Così si inizia la scalata e passo dopo passo si arriva alle varie opere: le prime riguardano l'infanzia e più si sale e più ci si trova verso l'età adulta, quella in cui l'anima ha qualcosa da dire ma si perde nella routine, quando le urla muoiono in gola per non uscire fuori dall'etichetta che ci siamo costruiti.
E infatti, a mio parere, sono i piani alti quelli più interessanti. Al quarto piano ci si trova in una stanza buia e si ammira l'opera della Bourgeois "Cell(Clothes)" del 1996. L'opera è composta da una serie di porte messe in un cerchio non chiuso per la mancanza di un'unica porta che rivela l'interno della stanza creata da questa struttura. Le porte sono di diversa fattura, colore, annata e salute. Da alcune è possibile vedere ciò che c'è dentro per mezzo di fori, vetri rotti o finestre, in altre no, ci è impossibile vedere l'interno. Ma guardando dalla porta mancante è possibile vedere una serie di oggetti di svariato tipo messi in posizioni più o meno inquietanti e accoppiati senza un evidente senso. Ma il senso c'è. Quello è il cuore della Bourgeois, un cuore custodito gelosamente e da cui nessuno potrà entrare. Si può solo sbirciare all'interno, solo catturare qualche dettaglio ma dipende tutto dalla posizione in cui ci si trova. Conosciuto questo dettaglio, tutti gli oggetti in un primo momento irrilevanti prendono vita: lo specchio da bagno rotto, le vesti sgualcite, le luci soffuse. In pochi metri ha inserito tutta la sua vita.
Infine al quinto piano c'è l'opera di Gobler "Untitled" del 2014. L'opera non è visibile sin dall'inizio perché si guarda dalla parte sbagliata: l'opera non è di fronte a noi, ma sotto di noi. In un tombino scorre dell'acqua che scivola tra sassi, foglie e teschi e lì, in quel tombino, tra quell'acqua e quella natura, c'è un rosso cuore pulsante che si illumina. Quello è invece il cuore di Gobler, nascosto in cima alla torre, inaccessibile ai più, difficile da vedere, da capire e da percepire. Qui il cuore è visibile, non bisogna immaginarlo. Tuttavia la sensazione avuta nella stanza della Bourgeois è la stessa: in un solo piccolo spazio c'è lì la sua vita, in balia della natura che potrebbe da un momento all'altro sciacquarlo via, spazzarlo con la corrente e frantumarlo tra rocce taglienti e pezzi di ossa sporgenti. La natura creatrice, la natura distruttrice.
Ecco, queste mie riflessioni sulla Fondazione Prada e sulla Torre d'oro sono per esprimere il mio entusiasmo su questa esperienza fuori dai canoni ordinari e un invito, per chi è a Milano, di spendere del tempo in questo luogo meraviglioso.
martedì 13 ottobre 2015
La mia Expo: meraviglie e una nota amara
Expo è il tema caldo del 2015: non c'è Miss Italia che tenga, Lisa Fusco o Ignazio Marino.
Se si pensa all'Italia nel 2015 si pensa assolutamente ad Expo e nonostante io non volessi andare per mie motivazioni sull'etica del lavoro, ho avuto la bella opportunità di andarci e vedere cosa è realmente Expo.
Expo ti meraviglia già al primo step, il Padiglione Zero. Monumentale, ben costruito e istruttivo come pochi. Si è parlato di obesità, di fame nel mondo, di spreco di cibo, di mal nutrizione, di catastrofi naturali e dello sbagliato consumo degli alimenti. In questo Expo eccelle: esci da un padiglione e una piccola analisi di coscienza te la fai, guardi i dati sulla fame del mondo e ti rendi conto di quanto tu sia fortunato a essere nato nel lato giusto della Terra e infine guardi la montagna di rifiuti di cibo sprecati ogni giorno e il pensiero a quando hai fatto scadere lo yogurt ti torna in mente.
Expo è stata costruita da artisti perché esteticamente è tutto molto bello: le luci, i colori, le idee creative per poter dare una forma e un'impronta stilistica ad ogni Padiglione hanno dello straordinario.
E poi Expo è istruttiva solo per il semplice fatto che in quei metri quadri c'erano persone provenienti da tutto il mondo, persone disposte a parlare, a condividere, a raccontarsi.
La pecca di Expo è che non è riuscita a gestire un numero tanto grande di persone, la grazia artistica compensa il disagio organizzativo. Non è solo il gran numero di persone che provoca disagio, è anche l'assenza di luoghi di ristoro pubblici, di assistenza alle persone anziane e di assenza di personale che possa dare informazioni a questa massa di persone che è lì, nella confusione più grande, presa dalla vista di così tante attrazioni ma senza riuscire a gestire un itinerario perché una volta entrato sei abbandonato a te stesso.
Certo, è un evento di dimensioni enormi, di un'importanza enorme e che regala valore all'educazione, un'esperienza di certo da fare, ma che perde, a mio parere, di credibilità nel momento in cui l'assistenza alle persone è pari a zero. Io sono fortunato perché ho forza e giovinezza dalla mia parte ma penso invece a tutte quelle persone anziane lasciate a loro stesse, senza un minimo di aiuto da parte dello staff Expo.
C'è una frase del Padiglione Irlanda che mi ha fatto riflettere e dice che "La Terra non è nostra, è in prestito per renderla migliore per i nostri figli. La Terra non sarà loro perché dovranno curarla per chi dovrà venire."
Ecco, non dimentichiamoci di chi l'ha curata per noi!
Se si pensa all'Italia nel 2015 si pensa assolutamente ad Expo e nonostante io non volessi andare per mie motivazioni sull'etica del lavoro, ho avuto la bella opportunità di andarci e vedere cosa è realmente Expo.
Expo ti meraviglia già al primo step, il Padiglione Zero. Monumentale, ben costruito e istruttivo come pochi. Si è parlato di obesità, di fame nel mondo, di spreco di cibo, di mal nutrizione, di catastrofi naturali e dello sbagliato consumo degli alimenti. In questo Expo eccelle: esci da un padiglione e una piccola analisi di coscienza te la fai, guardi i dati sulla fame del mondo e ti rendi conto di quanto tu sia fortunato a essere nato nel lato giusto della Terra e infine guardi la montagna di rifiuti di cibo sprecati ogni giorno e il pensiero a quando hai fatto scadere lo yogurt ti torna in mente.
Expo è stata costruita da artisti perché esteticamente è tutto molto bello: le luci, i colori, le idee creative per poter dare una forma e un'impronta stilistica ad ogni Padiglione hanno dello straordinario.
E poi Expo è istruttiva solo per il semplice fatto che in quei metri quadri c'erano persone provenienti da tutto il mondo, persone disposte a parlare, a condividere, a raccontarsi.
La pecca di Expo è che non è riuscita a gestire un numero tanto grande di persone, la grazia artistica compensa il disagio organizzativo. Non è solo il gran numero di persone che provoca disagio, è anche l'assenza di luoghi di ristoro pubblici, di assistenza alle persone anziane e di assenza di personale che possa dare informazioni a questa massa di persone che è lì, nella confusione più grande, presa dalla vista di così tante attrazioni ma senza riuscire a gestire un itinerario perché una volta entrato sei abbandonato a te stesso.
Certo, è un evento di dimensioni enormi, di un'importanza enorme e che regala valore all'educazione, un'esperienza di certo da fare, ma che perde, a mio parere, di credibilità nel momento in cui l'assistenza alle persone è pari a zero. Io sono fortunato perché ho forza e giovinezza dalla mia parte ma penso invece a tutte quelle persone anziane lasciate a loro stesse, senza un minimo di aiuto da parte dello staff Expo.
C'è una frase del Padiglione Irlanda che mi ha fatto riflettere e dice che "La Terra non è nostra, è in prestito per renderla migliore per i nostri figli. La Terra non sarà loro perché dovranno curarla per chi dovrà venire."
Ecco, non dimentichiamoci di chi l'ha curata per noi!
lunedì 12 ottobre 2015
La sindrome del lunedì
Il lunedì è un dramma per tutti.
Sin dalla Genesi è stato il giorno più odiato dal Creatore stesso: il primo giorno ha separato la luce dal buio. Comparato a ciò che ha fatto dopo, praticamente non ha fatto poi molto. E lui è il Creatore, noi poveri mortali invece non dobbiamo solo accendere una luce, per noi il lunedì è l'inferno.
Ma tutto inizia dalla domenica. La domenica sera, mentre sei lì a ridere e scherzare con gli amici, a godere delle coccole del partner, delle lacrime di "C'è posta per te", arriva il momento in cui l'occhio cade sull'orologio e da lì inizia il tormento. Comprendi che è tardi, che se non vai a dormire presto domani neanche con una canzone di Cristina d'Avena riuscirai a svegliarti, ma per spirito di contraddizione a dormire non ci vai: è domenica e la domenica ci si riposa.
Arriva la mezzanotte e inizia la paura del domani: si punta la sveglia mandando a quel paese chi ha inventato un oggetto così tremendo e poi scatta il nervosismo che ti fa mandare a quel paese anche il povero disgraziato che ti dorme accanto, se ti dorme accanto qualcuno.
Ti addormenti, alle volte anche con una piccola lacrima che sgorga dagli occhi, gli stessi occhi che due ore prima avevano già visto quanto dannatamente era tardi. Ti maledici.
La sveglia suona e non importa se tu abbia impostato la tua canzone preferita: la sveglia suona e quella canzone diverrà la canzone più orrenda che tu abbia mai ascoltato. Così ti svegli, rincoglionito, annaspi per trovare le pantofole che di notte avanzano lentamente e disgraziatamente sotto il letto. Imprechi. Ti rotoli verso il bagno e metti la faccia direttamente nel lavandino, accendi l'acqua e ti fai scorrere addosso la portata d'acqua delle cascate del Niagara. Poi una doccia veloce, perché quella rilassante da film in cui hai anche tempo per avere un orgasmo è pura finzione e mentre sei lì che grondi acqua e hai creato un piccolo parco acquatico nel bagno senti il bisogno primario di ogni essere definibile umano: il caffè. Così allagando il resto dell'appartamento prepari la caffettiera, imprechi nuovamente per non averla lavata la sera prima e la metti sul fuoco.
Ora è il caos: hai 3 minuti di tempo mentre il caffè esce per asciugarti i capelli, mettere il deodorante, asciugare la Venezia materializzata nel bagno. Come sempre questo non accadrà mai: il caffè esce e non contento, guizza fuori inondando il piano cottura. Se nel bagno c'era Venezia, in cucina hai il luogo del delitto di Pomeriggio5. Spegni il caffè, lo zuccheri, lo macchi, lo bevi, lo ingoi e sei magicamente in ritardo.
In ritardo per qualsiasi cosa: lezione, lavoro, appuntamenti dal medico, colloquio di lavoro e provino per il Grande Fratello. Perennemente in ritardo. Così ti vesti, prendendo qualcosa di strano dall'armadio, sperando che sia, non dico decente, ma almeno coordinato. E poi c'è la prova balcone, la temutissima prova balcone, momento importantissimo prima dell'avanzare verso l'uscio. Momento in cui capisci che la vita è ingannevole e per essere sicuro di ciò che hai indossato apri l'app del meteo ed è lì che capisci che hai fatto una cazzata e nello zaino, valigetta, borsa o marsupio dovrai portarti un cambio, qualcosa da indossare al volo senza che nessuno se ne accorga, quando ci sarà il picco dei 33 gradi mentre alle 8 del mattino ce ne sono 10 gradi scarsi.
E dopo aver riempito il baule che ti trascinerai dietro per bus, tram, metro e ascensori, allora sei pronto. In quel momento potrai uscire. Ed esci, chiudi tutto. Sei fuori.
E poi ti giri e apri tutto perché ti sei dimenticato le cuffie, gli occhiali, l'agenda e pure una banana salva vita in un momento di fame tossica.
Ed esci. Chiudi tutto. Sei fuori. E ad ogni scalino, imprechi.
sabato 10 ottobre 2015
Da O a KO, dal top al flop: la giornata contro i disagi interiori
Buongiorno, buon sabato, buon finesettimana e buona giornata contro i disagi interiori.
Non so se qualcuno ricorda un mio vecchio articolo chiamato "Generazione K". Un articolo da alcuni considerato molto duro, da altri molto divertente e invece il resto del mondo l'ha ignorato.
Ecco, fortunatamente i miei studi sono per me di grande ispirazione e dunque ho potuto sviscerare ancora di più l'argomento. In aggiunta, proprio per la giornata contro i disagi mentali, ho voluto analizzare la situazione dei giovani a me coetanei che hanno problematiche legate all'autostima, problematiche che si traducono in comportamenti, a mio parere, devianti.
Deviante è quel comportamento diverso dall'accettazione comune ma non diverso per indole, diverso come sfogo di un problema interno, non riconosciuto ma visibile.
Nelle bacheche di Facebook, si possono interpretare vari aspetti del comportamento umano e per chi studia l'argomento e ne è un appassionato si possono trovare alcuni profili molto interessanti dal punto di vista del cambiamento deviante.
Durante alcune riflessioni ho constatato che nelle giovani età ci si rapporta sempre con normali problemi di autostima che provocano un'evoluzione dei soggetti che partono da una dimensione O, percorrono la dimensione K e finiscono nel baratro da me definito KO.
Non è una scelta casuale: KO perché davvero è la fine di una reputazione entro i limiti della decenza.
Ma analizziamo i vari profili:
Non so se qualcuno ricorda un mio vecchio articolo chiamato "Generazione K". Un articolo da alcuni considerato molto duro, da altri molto divertente e invece il resto del mondo l'ha ignorato.
Ecco, fortunatamente i miei studi sono per me di grande ispirazione e dunque ho potuto sviscerare ancora di più l'argomento. In aggiunta, proprio per la giornata contro i disagi mentali, ho voluto analizzare la situazione dei giovani a me coetanei che hanno problematiche legate all'autostima, problematiche che si traducono in comportamenti, a mio parere, devianti.
Deviante è quel comportamento diverso dall'accettazione comune ma non diverso per indole, diverso come sfogo di un problema interno, non riconosciuto ma visibile.
Nelle bacheche di Facebook, si possono interpretare vari aspetti del comportamento umano e per chi studia l'argomento e ne è un appassionato si possono trovare alcuni profili molto interessanti dal punto di vista del cambiamento deviante.
Durante alcune riflessioni ho constatato che nelle giovani età ci si rapporta sempre con normali problemi di autostima che provocano un'evoluzione dei soggetti che partono da una dimensione O, percorrono la dimensione K e finiscono nel baratro da me definito KO.
Non è una scelta casuale: KO perché davvero è la fine di una reputazione entro i limiti della decenza.
Ma analizziamo i vari profili:
- Profilo O: nasce, cresce, crea. O come Originale, diverso, meravigliosamente non attaccato alle convenzioni sociali. Unico nel suo genere. Il profilo O è il profilo del ragazzo e della ragazza che tu ami per la sua diversità che rende questa persona di inestimabile valore perché, nonostante i difetti personali, si può costruire un'amicizia, un sentimento, un rapporto profondo. Solitamente i membri del profilo O sono giovani, molto giovani, un passo dopo la maturità giuridica e dunque, come tutti i giovani, sono insicuri ma lo dimostrano in modo sano, senza uscire fuori dal seminato, rimanendo comunque il ragazzo e la ragazza che tutti amiamo.
- Profilo K: nascere, crescere, coglionare. K come "kazzofai?", tipica espressione della gioventù milanese usata per esprimere lo sconcerto rispetto ad un comportamento deviante di un'altra persona. I K sono gli amici perduti, quelli che sono cambiati, come tutti del resto, e sono sempre più andanti verso la follia da ansia sociale.
Ci sono i K che prendono la loro vita e la danno alle ortiche per un fidanzamento molto simile a uno sposalizio.
Ci sono i K che prendono la loro vita e la danno alle ortiche perché vogliono la fama e il successo, neanche fossero Hannah Montana. Anzi, sono come lei, perché per averlo si metterebbero nudi su una wrecking ball.
Sono la versione cresciuta e rincoglionita del normale profilo O, sono quelli che invece di parlare dei loro problemi, affrontarli, viverli, accettarli, come è giusto che sia, stanno zitti e violentano le loro relazioni affettive profonde. Nella loro mente sono gli altri che si devono abituare alla loro nuova vita, perché non c'è confronto, non c'è un punto di cui si può discutere e se non ti sta bene vieni esiliato, diffamato, cancellato. La loro insicurezza, che è quella di tutti, si tranquillizza solo se sono nella loro sfera di comfort. In alternativa, se sono fuori da uno spazio in cui si sentono sicuri, succede il caos.
- Profilo KO: nasce, cresce con te, decade con gli altri. KO nel senso stretto della parola. Si, perché KO sono le persone che nonostante tu possa essergli amico, confidente, amante e prete loro scelgono la via della perdizione, ma non quella scema da serate alcoliche tra amici, da vita mondana a mo di Blair Waldorf o da Bad Boys. No, loro scelgono la via dell'apparenza: ogni loro stato social è gestito per far capire al mondo intero che la loro vita è meglio di quella degli altri, che il loro amore è più forte di quello degli altri, che i loro capelli sono seta perché loro valgono. La loro autostima è semplicemente regolata dal fatto che gli altri debbano pensare che nella loro vita sia tutto figo, tutto bello, tutto di plastica. Non ci sono debolezze, non ci sono realtà, tutto è magnifico. Peccato che poi a lungo andare si perda il senso di magnifico e si pubblicano stati di dubbia intelligenza e si fanno foto di dubbio gusto proprio perché il senso di irrealtà è ormai radicato, amplificato e senza un buon amico non se ne andrà. Insomma si passa dall'essere persone originali a pecore di un gregge senza meta.
Non c'è amico vero che non voglia vedere i propri amici realizzati, ecco perché quando ne vedi uno che butta all'aria anni di amicizia consolidata solo perché la sua insicurezza lo sta divorando, perché il futuro è ostico, cattivo e un enorme punto interrogativo, allora viene il dispiacere, perché nonostante si voglia aiutarlo, arrivato ad un certo punto comprendi che la sola persona che può è lui stesso e non c'è più nulla che si possa fare.
Oggi è la giornata mondiale contro i disagi interiori, se hai qualche problema, se hai qualche demone da affrontare, se hai una bestia dentro che non sai gestire, parlare con un amico: è il sistema più veloce, gratuito e migliore che tu possa utilizzare per avere un alleato nella lotta. Tutti soffrono per qualcosa, perché soffrire da soli quando puoi avere un esercito di amore e sostegno tutto per te?
Parla, esprimi, apriti e alle pecore preferisci l'identità che le pecore si disperdono al primo spavento, l'identità rimane.
martedì 6 ottobre 2015
Il compromesso di chi ha fame
La #MilanoFashionWeek è finita e la vita, a Milano, è tornata alla normalità.
Niente più abiti eccentrici per le strade.
Niente più fashion blogger di bassa lega.
Niente più aspiranti modelle e modelli che spingono davanti ai cancelli dove ci sono le sfilate.
Niente più abiti eccentrici per le strade.
Niente più fashion blogger di bassa lega.
Niente più aspiranti modelle e modelli che spingono davanti ai cancelli dove ci sono le sfilate.
Niente più.
E meno male!
Ora ci si prepara all'inverno: bisogna capire che posti frequentare, chi conoscere, cosa bere, dove mangiare. Perché Milano non è solo una città, Milano è una continua ricerca di possibilità e le possibilità si agguantano secondo i canoni della moda: unconventional.
E per le serate in cui non c'è nulla da fare? Quelle in cui non hai programmi?
Ecco, si ricominciano a divorare libri, film, telefilm, a comprare pacchi di Ciobar, a seguire reality show e a chiamare il servizio d'asporto.
E poi torna il weekend, il business, la corsa.
E il tutto continua, settimana dopo settimana fino alla prossima week degna di nota.
Ed è in questo periodo di quiete che ci si può fermare un attimo e pensare ai massimi sistemi della vita. E visto che in questi mesi di trasloco e burocrazia non ho avuto molto tempo per pensare, seduto ora sul divano della nuova casa mi è balzato in mente un argomento che interessa tutti coloro che hanno dei sogni.
La parola del giorno è compromesso.
La parola del giorno è compromesso.
Che poi non è la parola del giorno, sembra essere quella della vita dopo la maggiore età. Prima del grande passo verso la responsabilità civile si vive di puro istinto, di azione, quella pura, quella senza conseguenze ponderate. Poi tutto diventa più serio, più adulto, più responsabile e ci si deve ricordare, di tanto in tanto, che la vita va colta con ironia, autoironia, leggerezza, spensieratezza o il carico delle cose da fare, da realizzare, da sfruttare, appesantisce il tutto e non si riesce più a trovare il tempo per guardare le cose per il verso giusto.
Si, superata una certa soglia, conquistati certi obiettivi e posti altri che necessitano di ancora più intraprendenza e spirito di adattamento, il compromesso sembra essere il nuovo ossigeno. C'è chi accetta i compromessi sul lavoro, sullo stile di vita, sul sesso lasciando però qualche piccola perla ancora per sé, qualche diritto di non accettazione del compromesso. E c'è chi invece vive di compromesso, si mette in gabbia da solo e spera solo che vada tutto bene. Ma non voglio parlare di loro, degli ignavi, voglio parlare degli altri, quelli che li riconosci dalla luce che hanno negli occhi.
Sono loro il nuovo modello che tutti i giovani a me coetanei dovrebbero seguire. Sono quelli che si svegliano al mattino con tanta voglia di fare, di dire, di conoscere. Il tutto alimentato da una sana dose di spirito, fame, voglia di prendere il presente e rivoluzionarlo, di creare un futuro che sia migliore non solo per sé stessi ma anche per chi è a loro fianco, fisicamente e virtualmente. Sono quelli che scendono a compromessi sulle cose poco importanti ma che sulle relazioni hanno deciso che o va come dicono loro oppure la porta è sempre aperta per chi non vuole vivere di emozioni vere. Sono i coraggiosi, quelli che si buttano a capofitto su un progetto, su una relazione, su un sentimento e non se ne vanno finché non si fanno dannatamente male perché sanno benissimo che come si sono alzati in precedenza, si alzeranno anche questa volta e altre cento ancora.
Il compromesso sembra essere l'ossigeno per chi ha fatto scelte importanti nella vita, riuscire a gestirlo, dosarlo e infine accettarlo è di vitale importanza se si vuole arrivare da qualche parte ma quando si parla di emozioni no, in quel caso il compromesso è da escludere perché è solo seguendo la propria natura che si può cedere alla felicità.
giovedì 1 ottobre 2015
Ottobre è arrivato e niente più sarà come prima.

Scordatevi il caldo asfissiante, le magliette corte, il lino e i cocktail in spiaggia.
Dimenticate le piscine, le storie estive e l'odore di salsedine sulla pelle.
Mettete a posto ogni tipo di abbronzante, di costume e di occhiali colorati.
L'Autunno è arrivato e con l'inizio di Ottobre tutto è così dannatamente ufficiale.
Il cambio di stagione è iniziato e deve finire presto perché la pioggia inizia a essere una compagna fedele del mese.
I weekend cambiano: niente più discoteche all'aria aperta, party sulla spiaggia e case estive in affitto.
Ora c'è il cinema, il bowling, le serate nei pub e le più tragiche serate sui libri per preparare un esame.
Tutto molto deprimente, lo so.

In Autunno ripartono i progetti, le speranze e i sogni di un nuovo semestre lavorativo più proficuo di quello precedente. La creatività esplode e le Fashion Week che si tengono in ogni capitale della moda ne sono la prova. Si aprono le stagioni teatrali, i musei, le collezioni e si leggono più libri. Si accende il camino e la famiglia si riunisce a raccontarsi proprio lì, su quel marmo che fa da richiamo. E poi in Autunno sboccia l'amore, quello delle notti sotto le pesanti coperte, quello dei corpi che si riscaldano l'un l'altro, quello del bacio sotto la pioggia.
Si, l'Estate è ufficialmente finita ma l'Autunno, per quanto possa essere più pesante da sopportare, porta con sé tante novità e occasioni.
Pensate solo alle tavole imbandite, alle cene di famiglia, ai giochi, all'attesa spasmodica delle nuove feste. Perché se l'Estate è la stagione della giovinezza, l'Autunno è quello della famiglia.
Ad Ottobre inizia il freddo, e gli esseri umani trovano rimedio ad esso nelle persone che amano e se sono da loro lontani, sono di certo più aperti all'amore.
Iscriviti a:
Post (Atom)