martedì 30 giugno 2015

178 giorni per capirsi

5 gennaio 2015- 1 luglio 2015

178 giorni

In sei mesi tutto può cambiare, soprattutto quando sei costretto ad affrontare la realtà, quella vera, quella tanto chiacchierata da papà quando lamento un problema: "La vita vera è una giungla, queste sono cazzate!" è solito dire. E forse la vita vera di cui lui parla ancora non l'ho realmente provata ma sappiate che ci sono andato vicino. Sono partito con tante speranze, con tante certezze e con la solita paura del futuro, stavolta non solo paura, ma anche eccitazione di ciò che sarebbe successo dal giorno della mia partenza. Inutile dire che la famiglia, gli amici e i punti di riferimento sono la cosa più difficile da lasciare perché come ha detto una mia amica: "Quando vivi da solo sei senza difese, devi ricominciare dall'inizio". Naturalmente ho parafrasato il suo pensiero molto meno elegante ma siamo amici, l'importante è il contenuto. Ad ogni modo partire e lasciare il nido è un'esperienza che non necessita di alcun tipo di preparazione: è imprevedibile e la persona che eri non può nulla rispetto alla persona che diventerai. Tutto cambia, le certezze, il fisico, la mente e il pensiero. I punti fissi sono pochi perché ancora bisogna costruire, all'inizio. Io ho avuto la fortuna di trovare degli amici, delle persone di cui mi fido, di cui ho stima e con cui sono riuscito ad aprirmi anche quando ero preso dallo sconforto più totale. Sapete, quando si è giovani e intraprendenti, pieni di sogni, di progetti e di ambizioni e si viene catapultati in una realtà nuova si perde energia, vigore, lucidità. Parlando con i miei amici è capitato a tutti: trasferirsi vuol dire essere da soli, confrontarsi con la propria persona e scoprire di avere pregi e difetti di cui non ne sei mai stato a conoscenza. Nonostante gli amici, vivere da soli è un'esperienza che porta al confronto con la persona che eri e la trasforma in modo anche violento soprattutto quando lasci un posto in cui eri osannato e stimato anche a livello lavorativo. Il mondo reale non sa chi sei e non gli interessa. Al mondo reale serve vedere una scintilla fuori dalla massa che tenta di emergere per prenderti in considerazione e in questo periodo di cambiamento mi è stato impossibile brillare.

Ma se vi racconto questa storia, la mia storia, non è per spingervi a stare con mamma, papà, famiglia tutta con cane compreso, amici e un lavoro per accontentarsi, No, tutto il contrario. Vivere da soli è un passo che prima viene fatto prima viene rotta la campana di vetro a cui siamo stati abituati a vivere. Un passo che ti permette realmente di capire chi sei e che ti porta inevitabilmente a fare i conti con i tuoi demoni che nell'armadio non ci sanno proprio stare. Loro sono lì e ti fissano in attesa che tu li affronti. E li dovrai affrontare. E ne uscirai vincitore. Vivere da soli ti permette di conoscere un mondo al tuo interno che è totalmente inesplorato e che fa paura e quando riesci ad affrontarlo nonostante la solitudine e la paura costante di non riuscire in nulla alla fine ti svegli la mattina e sai che tutto può ancora accadere, tutto può ancora succedere.

Stando a casa, nella zona di comfort, non può accadere nulla. Tutto è routine, stancante e poco soddisfacente. Tutto è fermo. Trasferirsi è invece mobilità, rivoluzione e possibilità. Tutto questo certo ha un prezzo, ma è un prezzo che un giorno sarete felici di aver pagato.

Prendete le mie parole come parole di consapevolezza di chi ha affrontato e affronterà di nuovo il cambiamento sapendo che ora si conosce, conosce i propri limiti e le proprie forze e ne conosce l'essenza e il potenziale.

Sono stati sei mesi duri e nonostante annoti più sconfitte con il mondo che vittorie, ho comunque la certezza che io posso farcela e potrò farcela. Il mondo non è poi un posto così oscuro se si conosce ciò che noi possiamo riuscire a fare, a dare e a ricevere.

Comunicazione Ordinaria cambierà un po', ci sono dei progetti in ballo. Grazie a voi che chi di rado e chi con più sistematicità mi legge. Spero di poter trasmettere.

domenica 28 giugno 2015

Il ruolo dei reclutatori in un'azienda: chi sono, cosa fanno e cosa vogliono.

In passato tutto era più semplice: il lavoro c'era e senza stesure di curricula* e colloqui a puntate si aveva un impiego, uno stipendio e una pensione.
Poi tutto si è complicato: prima la stesura di un curriculum europeo, poi l'invio tramite email, poi la necessità di sapere più lingue e infine la richiesta di esperienza nei confronti di chi vuole lavorare proprio per fare esperienza.
Si, sono tempi duri, soprattutto perché è nata la figura del reclutatore o selezionatore.

Chi è?
In sintesi, è la persona deputata alla scelta del miglior candidato da assumere tra quelli che mandano un curriculum per un posto di lavoro. La scelta avviene tramite delle politiche aziendali che danno le linee guida su chi assumere. Questa figura è molto importante perché è lei che dobbiamo convincere che siamo la persona giusta per il lavoro.


Che cosa fa?
Il lavoro del reclutatore non è semplice perché oramai le aziende hanno bisogno della persona più giusta alle loro esigenze e per trovarla il reclutatore deve organizzare una serie di incontri con i candidati più appetibili per poi concluderli con un contratto firmato. Vediamo nel dettaglio quali sono i compiti di un reclutatore.
In primo luogo il reclutatore riceve centinaia di curricula e tra questi ne sceglie una decina, non di più: è necessario per lui poter parlare solo con i migliori, chi dimostra di avere conoscenza e competenza tale da poter essere un buon elemento per l'azienda.
Dei selezionati poi il reclutatore farà delle ricerche,tentando di capire chi sono e cosa fanno e cosa hanno fatto nelle loro precedenti esperienze di lavoro. Innanzitutto un reclutatore può decidere di chiedere conferma delle referenze nei luoghi di lavoro dove il candidato ha avuto un impiego: ecco perché sul curriculum bisogna sempre scrivere la verità, perché una bugia è facile da smascherare.
Il reclutatore, per capire anche che tipo di persone avrà di fronte, potrà sbirciare i loro profili social come Facebook, Twitter e altri social. Per evitare esclusioni date da divergenti idee politiche o simili, sarebbe più opportuno rendere i propri social privati a chi non è amico del profilo. In questo modo si può continuare a pubblicare senza problemi. Naturalmente sarebbe meglio avere un profilo pubblico che mostri il lato migliore di noi: non dico di doversi censurare ma di utilizzare i social network in modo saggio, pacato per far trapelare che abbiamo un'opinione ma che siamo comunque delle persone che sanno dialogare. Molti usano un linguaggio e un modo poco consono di dire la propria opinione: un reclutatore state sicuri che eviterà di assumere o semplicemente di chiamare a colloquio una persona con un atteggiamento negativo e aggressivo.
Infine il reclutatore, dopo quest'altra scrematura di natura social, chiamerà a colloquio i migliori che a suo parere rispondono alle esigenze dell'azienda. In quel caso tutto sta nelle mani della persona che cerca lavoro. In quel contesto il reclutatore potrà capire chi ha davanti, confermare le abilità e le conoscenze acquisite negli anni e infine, se tutto va bene, ci sarà la proposta contrattuale.

Che cosa vuole?
I reclutatori amano chi gli pone quesiti sulle politiche dell'azienda, sul lavoro e sulle possibilità di carriera mentre non amano molto parlare di compensi in denaro proprio perché sarà poi l'incontro finale, quello con il contratto sul tavolo, quello in cui si potrà parlare dello stipendio e degli altri eventuali benefit. Il reclutatore deve stupirsi della persona che ha di fronte, essere coinvolto nella storia che verrà raccontata dal candidato. Quando vi chiederà di parlare di voi e delle vostre esperienze ricordatevi la semplicità delle favole: c'è un problema e un eroe riesce a risolverlo. Ecco, questo dovete essere voi: l'eroe. Dovete dimostrare che avete le doti e le qualità per poter lavorare in quell'azienda. Non dite semplicemente "Sono una persona ordinata, precisa e responsabile.", raccontate di episodi lavorativi in cui avete salvato la situazione o se non ne avete, parlate di esperienze personali. Una ragazza che ha fatto la babysitter a bambini molto piccoli conosce bene che vuol dire essere responsabili; oppure chi ha una passione particolare conosce il significato della costanza. Avete già gli strumenti, anche se siete alla ricerca del primo impiego: dovete solo averne consapevolezza e saperli usare.

Questo è il secondo articolo che Comunicazione Ordinaria dedica a chi cerca lavoro. Come ho già detto voi siete gli strumenti per il vostro successo, dovete solo saperli esprimere nel modo migliore possibile.
Grazie per avermi letto e se vi piace condividetelo a più persone possibili.

C.O.

*Curricula è il plurale di curriculum, dunque utilizzatelo in modo corretto!

Amor Vincit Omnia: buone notizie

Amore, alla fine vince sempre. Diciamo che non è proprio una certezza ma accade che alle volte l'amore trionfa e ci fa credere che forse tutte le nostre convinzioni in fatto di amore possano essere errate, confutate, respinte.
In America si festeggia la piena approvazione del matrimonio tra due persone dello stesso sesso. Ecco, questa è la dimostrazione che l'amore vince.
Il problema si presenta quando l'amore viene soffocato e non riesce ad emergere, perché ci sono periodi nella vita che l'amore non riesce proprio a uscire fuori. Rimane lì sotto, latente, tra strati di delusioni, fallimenti e possibili futuri che non si sono rivelati tali. E la cosa più straziante è che si conosce il fatto che Amore c'è, solo che non trova via d'uscita.
Di base credo che l'amore parti in primo luogo dai singoli, da noi, insomma. Poi una volta che è lì, fuori, in attesa di legarsi, allora potrà esprimersi al meglio. Non sono un fautore dell'idea della mela da completare, anzi, la mela è già completa, una persona può solo far brillare un'anima che nelle giuste condizioni è già risolta, perfetta e intoccabile.
Questa notizia del matrimonio esteso a tutti può solo che farci felici, perché è un passo importante in un mondo che cerca di dare la colpa a tutti tranne a chi le colpe ne ha davvero.
Ora Facebook e il mondo intero sembrano illuminati da una luce magnifica e domani?
Cosa accadrà domani?
"Il domani è mistero" si dice. Quello che possiamo fare noi è ricordare questo giorno come quello in cui l'uomo ha finalmente dato una buona notizia al globo intero. Per un giorno le guerre, i disastri e le corruzioni sono state messe da parte, non perché siano di minore importanza, ma perché all'arrivo di una buona notizia in un periodo in cui non ce ne sono molte buone, bisogna poter dar pregio a questo evento che ci ricorda che qualcosa di buono c'è, si può fare, è realizzabile.
Dunque domani festeggiamo questa vittoria, torniamo ad armarci e combattiamo ancora per ciò in cui crediamo e anche quando i tempi saranno più difficili ricordiamo il 26 giugno 2015 come il giorno in cui il genere umano ha dato prova che ce la può fare.

mercoledì 24 giugno 2015

Tutto accade per un motivo

Nelle ultime due settimane non sono stato molto attivo sulle mie pagine, sul mio blog e nella vita in generale. Il tutto è iniziato quando il mio computer ha deciso di autodistruggersi. Si, avete letto bene. Il mio computer, a detta dei tecnici che ho consultato, ha iniziato un rapido processo di autodistruzione dei dati cancellando dalla mia memoria informatica gli ultimi quattro anni.
Acquistai il mio vecchio Samsung con la certezza che sarebbe stato il computer che mi avrebbe accompagnato nella stesura della mia tesi. Ora ho acquistato questo Compaq con la certezza che sarà il computer che mi accompagnerà nella creazione dei miei progetti di scrittura e di comunicazione. Sapete, il problema non è stato tanto il fatto che una macchina si sia distrutta, quanto il fatto che una parte della vita era andata perduta, almeno fisicamente. Si vive di ricordi ogni giorno, felici o meno, e quando perdiamo un qualcosa che fisicamente ci lega ad essi, tutto sembra perdere di nitidezza.
Sono un giovane tra giovani e già questo è un dramma.
Sono un giovane con alte pretese e ambizioni che vive con giovani con alte pretese e ambizioni.
Sono un giovane che conosce il significato della giovinezza ma che conosce anche il suo segreto: la giovinezza sta nelle opzioni che si hanno, negli strumenti in proprio possesso e nella gestione ottimale di queste due condizioni.
La giovinezza non è uno status relegato all'ambito della data di nascita. La giovinezza è un qualcosa di più. Ogni giorno leggo di uomini e donne straordinarie che vivono la loro vita in piena giovinezza nonostante l'età e vedo giovani, almeno sulla carta, che la vivono invece in una maniera che dovrebbe essere illegale quasi quanto il traffico di droga.
Ma se c'è una cosa che ho imparato in 22 anni di giovinezza è che tutto accade per un motivo. Io vivo di ricordi, sono una persona ancorata a doppio filo al passato ma allo stesso tempo da esso guardo al futuro con luminosa speranza e quando una stupida fredda macchina decide di suicidarsi vado anche io in stand by con lei. Un oggetto utile ma senz'anima, il mio vecchio pc ad esempio, può caricarsi invece di un valore inestimabile quando ha visto i tuoi momenti migliori e peggiori. Ma come ho già detto, tutto accade per un motivo. Il motivo che ho trovato in questo suicidio informatico è la necessità di un nuovo inizio, di un nuovo capitolo come persona che fa della creatività il suo asso nella manica nel contesto lavorativo.
Ed è così che dobbiamo prendere le belle e le buone notizie: sono l'inizio, alle volte anche spiacevole, di un qualcosa di meraviglioso che ci dovrà accadere.
Tutto accade per un motivo, alle volte difficile da comprendere, certo, ma non mi è mai capitato di non riuscire a trovare un significato a qualcosa che pur terribile è accaduta.
Vivete la vita così: tutto accade per un motivo.

lunedì 8 giugno 2015

Figlio di Gay? (Recensione della puntata AnnoUno)

AnnoUno ha fatto una puntata speciale sulle famiglie omosessuali, una puntata dettata dalla confusione e dal siparietto. In uno studio televisivo, ecco al centro del palco un tao, yin e yang, bianco e nero: schierati gruppi di ragazzi anonimi, da una parte i gay e i sostenitori, dall'altra gli omofobi e i sostenitori. All'estremità Dio e Satana, il vescovo di Palestrina e Aldo Busi. Fuori dal cerchio Alba Parietti e Antonio di Pietro: la diavolessa e l'arcangelo. Dante avrebbe sicuramente creato un canto per questo teatro dell'assurdo.

Il teatrino inizia con il servizio di Luca, il personaggio della canzone "Luca era Gay" che come il nuovo Messia gira per le chiese raccontando la sua storia: era gay, ora non lo è più, è sposato, ha una figlia ed è felice. "La disgrazia può sfociare in grazia." dice Luca citando Sant'Agostino, riferendosi alla sua condizione passata di gay e alla sua condizione presente di eterosessuale. E poi Luca spiega della sua associazione che libera gli uomini gay dalla loro ferita, perché per lui essere gay vuol dire avere una ferita non curata che condiziona a tal punto la sessualità da traviarla. "Ci sono molti ragazzi che in libertà vengono nella nostra associazione che non vogliono vivere lo stile di vita gay." dice Luca. Sarebbe bello capire quale sia lo stile di vita gay perché Luca lo dice apertamente: lui era un ragazzo promiscuo, che andava con tutti, che ostentava la sua sessualità a tal punto da beccarsi l'HIV e il titolo di Mister Gay Italia. Perché per Luca gay vuol dire questo, il suo stile di vita per lui è lo stile di vita di tutti i gay. Ma continuiamo. Siamo in chiesa e Luca fa il suo discorso, così vengono fatte delle interviste a uomini e donne che della fede ne fanno una missione, che seguono le parole di Cristo e Dio.
Ecco un estratto:
"L'omosessualità sarà naturale quando due uomini riusciranno a mettere al mondo un bambino."
"E se avesse un figlio gay?"
"Gli sparo."

Al termine del servizio yin e yang iniziano a scontrarsi tra insulti, provocazioni e urla di chi evidentemente con poche argomentazioni aveva bisogno di fare sfoggio delle sue qualità acustiche. Un gallinaio pieno di prime donne, di primi uomini, di basse donne e di bassi uomini. E questo per ogni servizio che veniva lanciato dalla conduttrice, incapace di stabilire delle regole di convivenza.

"Siamo uno stato democratico o uno stato etico?" chiede Busi tentando di buttare ancora più benzina sul fuoco. "Un omosessuale ha così tante altre a cui pensare: la lotta contro l'omofobia, dei diritti civili. Una coppia omosessuale non può avere figli perché si deve realizzare." continua Busi.
Secondo Busi un omosessuale quando capisce di esserlo interrompe la sua vita, si mette la corazza ed esce a lottare, per Busi tutto il resto è fuffa, il gay per lottare per i propri diritti neanche va in bagno, non paga le bollette perché non c'ha tempo che deve organizzare il gay pride ed esce solo con i gay perché uscire con eterosessuali è un qualcosa di blasfemo.

E infine l'intervista ad una persona che conosco, che ha avuto una storia triste, quella di essere picchiato per il fatto di essere gay ma che tralascia una questione importante: prima di essere gay, una persona è un uomo. Lasciando stare il racconto della sua dichiarazione al mondo di essere gay di cui io ricordo altre circostanze, Giordano, il ragazzo intervistato, dice "Mi veniva nascosto il libro, dovevo cercarlo per la classe. Oppure mi facevano delle scritte come "frocio". Allora tra i lettori di questo articolo alzi la mano chi non ha fatto e chi non ha ricevuto mai scherzi alle scuole superiori. Ora che avete le mani ancora poggiate sul vostro mouse, alzate la mano chi di voi non ha mai detto o non ha mai ricevuto una parola sgradevole nei confronti di qualcuno. Ecco, immagino ancora nella mia mente che siate tutti con la mano sul mouse.

Il problema della puntata di AnnoUno, dei suoi attori, dei suoi servizi e della gestione del tema sta nel fatto che ogni volta non si parla di uomini (non dico donne perché le lesbiche sono state escluse dal problema dell'omosessualità), ma si parla di gay.
I gay fanno.
I gay dicono.
I gay vogliono.
Gay è una parola. L'uomo è un'esistenza, un corpo fisico, un membro della comunità civilizzata, non della comunità gay. Gli uomini gay hanno una vita, un vissuto, una storia che non deve essere per nessun motivo al mondo oggetto di discussione perché il problema non sono i diritti dei gay, sono i diritti degli uomini gay che è ben diverso. Non esiste la società gay, esiste la società. Non esiste l'omofobia, esiste la libertà di pensiero che nel momento in cui sfocia in un atto violento e criminale deve essere fermata perché non mi entra in tasca nulla se le persone la pensano come me. L'uomo non deve cercare l'approvazione ma la soluzione ai problemi che ci sono e il vero problema è che i gay non sono trattati da uomini gay ma da gay, rendendo anche il senso di una parola la cui traduzione è "gioia, allegria", dispregiativo e negativo.

L'uomo è nel mondo, l'uomo gay fa parte di tale mondo ma non è una minoranza è solo un aggettivo di un concetto universalmente più grande: uomo.

venerdì 5 giugno 2015

Quando il bipolarismo è necessario alla sopravvivenza

Possiamo affermarlo con convinzione: il bipolarismo selettivo è una piaga della nostra società. Naturalmente si parla di un bipolarismo buono, uno comune, non la patologia ma è comunque bipolarismo: Dottor Jekyll e e Mr. Hyde, Beyoncè e Sacha Fierce, Bruce Jenner e Caitlyn Jenner. Ecco se il primo esempio è quello letterario in cui un uomo riesce nel suo esperimento e riesce a tramutarsi in una persona completamente diversa da ciò che è, il secondo è invece l'esempio musicale della celebre cantante che dice di essere Beyoncè fuori dal palco e Sacha sul palco e la prima è così timida da non riuscire a fare ciò che Sacha compie nei suoi concerti a suon di fuoco ed effetti speciali. Infine un caso di cronaca di questi giorni: Bruce Jenner, medaglia d'oro per l'atletica diviene, compiuti da molto i sessantanni, una donna. Il padre delle modelle Jenner, uno dei protagonisti del dramma Kardashian, modello di virilità in un'epoca assai lontana, ora si fa chiamare Caitlyn, ha già una copertina su Vanity Fair e ricerca l'amore della sua vita. Peccato che sia ancora sposato con una donna, madre delle sue due figlie. Dettagli.

Ad ogni modo pensavo a questo bipolarismo e mi chiedevo se davvero ci fossero due o più persone che coabitano nel nostro corpo o se davvero la teoria del cervello e dell'anima fosse vera, cioè se siamo veramente esseri diversi a livello mentale e a livello di anima. Sinceramente credo nel bipolarismo selettivo all'interno di gruppi sociali distinti e cioè il fatto che siamo molto camaleontici riuscendo a esibire un lato del nostro carattere e della nostra persona a seconda di chi abbiamo davanti. L'esempio classico è quello della mia fascia d'età, i ventenni o poco più. Siamo insieme in gruppo ed escono fuori discorsi che vanno dal filosofico al d'ursiano. Abbiamo voci e costumi diversi per ogni occasioni, gesti e sorrisi anch'essi diversificati a seconda dell'interlocutore. E allora mi chiedo: tutta questa confusione nel rispettare le convenzioni e le aspettative altrui fa bene al nostro bipolarismo selettivo? E se si perde di vista l'identità, a chi attribuire la colpa?

Posso dire che è certo che il bipolarismo è necessario alla sopravvivenza ma a lungo andare si farà la fine dei casi prima citati: il primo era un medico troppo buono e che conosceva un lato malvagio dentro di lui e voleva tirarlo fuori perché le convenzioni sociali lo avevano represso e il risultato è stato la sua morte e un paio di omicidi di troppo; la seconda ha semplicemente trovato il modo di non sentire la pressione attribuendo ad un'altra le responsabilità più grandi; il terzo, infine, ha sempre saputo di appartenere ad un corpo non approvato dalla suo modo di sentirsi e ha dovuto aspettare i 60 anni e i tempi migliori per poter rinascere ciò che ha sempre desiderato di essere.

E allora la questione rimane questa: è giusto sopravvivere sapendo che mostrandosi si può vivere?
Le barriere sociali ci impongono di assopire parte della nostra natura, eppure un esperimento alla Jekyll non sarebbe poi tanto male.

mercoledì 3 giugno 2015

Le azioni sbagliate

La religione ci insegna che nonostante tutte le leggi divine, i comandamenti, i riti e le preghiere viviamo tutti sotto un tacito libero arbitrio. Possiamo fare tutto ciò che vogliamo dal più puro bene al più corrotto male. Nessun impedimento. Solo una clausola: siamo responsabili delle nostre azioni. 

 C'è chi crede nel karma e chi nel peccato originale, io invece credo nell'eccesso e nella redenzione. Tutti noi viviamo in una linea di tempo imperturbabile e inscindibile ma abbiamo il potere della memoria: noi ricordiamo tutto, anche ciò che pensiamo di non ricordare. Ed ecco che gli atteggiamenti mutano, i sentimenti cambiano e la carne e l'anima subiscono variazioni stimabili col passare del tempo. Se è vero che abbiamo il libero arbitrio e che dobbiamo però rendere conto delle nostre azioni, per quale motivo non spingerci entro e oltre i limiti consentiti? Nel caso peggiore possiamo chiedere le redenzione delle nostre azioni, possiamo metterci in una stanza e riflettere. 

Le grandi storie d'amore non sono quelle in cui la morte ha preso il posto della vita rendendola però immortale a chi ha continuato a viverla?
I grandi uomini e le grandi donne della storia non sono quelle ricordate in un giorno particolare per un'azione così sconvolgente e così rivoluzionaria da renderli, per i loro contemporanei, pazzi e malati di mente?
E infine non siamo noi stessi a giudicare con sufficienza coloro che ricorrono alla quieta tristezza della quotidianità invece di scegliere le vibranti scosse dell'ignoto futuro?

Si, gli eccessi rendono immortali, i medi, lo dice la parola, restano nella media.
Il progetto di ogni essere umano dovrebbe essere quello di vivere la propria vita con lo scopo ben preciso di viverla nella sua potenzialità più alta, ma quando questa ci viene impedita cosa è possibile fare? Purtroppo niente, perché non si può vivere di eccessi se non si è liberi e non si è liberi quando si è legati. Ora non prendete il mio discorso come superficiale e ai limiti dell'insensibile, sto solo dicendo che vivere da soli il quotidiano amplia il nostro portafoglio di possibilità, mentre invece la vita in comunione lo limita e per alcuni è una mossa saggia e consolante, per altri una catena potente e pesante. 

Ma arriva poi il giorno che il povero uomo e la povera donna dagli occhi che vedono oltre l'orizzonte decida di legarsi a qualcuno e di limitare il proprio potenziale per poter trovare il potenziale univoco delle due anime che hanno deciso di sostenersi a vicenda per i giorni che decideranno di restare insieme. E in quel momento il libero arbitrio che fine ha fatto? C'è e si manifesta ogni giorno con la decisione di rimanere e di condividere e di cercare ciò che si ha in comune. Ma proprio per amore dell'altro e per questa costrizione che decidiamo con razionalità e sentimento di accogliere, è necessario fare una precisazione: se si decide di essere legati ad un altro essere umano è il caso che il proprio libero arbitrio non arrechi tedio e fastidio ad esso perché quale può essere il senso di decidere di vivere con una persona se le nostre azioni danneggiano la sua vita? In quel caso si può avere la redenzione ma ad ogni danno la redenzione sarà più difficile da ottenere e la credibilità sarà sempre meno palese.

Ecco, forse non siamo stati creati per stare da soli ma questo non vuol dire che siamo creati per amalgamarci unitariamente e totalmente agli altri. Forse vivere di eccessi è il modo perfetto di essere single, vivere insieme è il modo perfetto per ritrovare i propri medi con la giusta accortezza di non fare della nostra vita un tiepido brodo di noia ma un frizzante futuro che desti curiosità a chi ha ancora un cuore che pulsa.