Ieri pomeriggio è toccato a me l'arduo compito di visitare la mia vecchia scuola elementare per parlare con le insegnanti di mia sorella nell'odiato colloquio tra le famiglie e le insegnanti. Che poi il colloquio non è neanche poi così sbagliato ma la tragicità dell'evento è data dalle conversazioni dei genitori dei piccoli scolari, conversazioni che mi fanno pensare sempre di più che al mondo non c'è giustizia.
Nella vita si può avere la benedizione divina di poter fare delle scelte e di portarle avanti e poter dunque beneficiare dell'oggetto del nostro desiderio. Alle volte invece per cause ancora inspiegabili si viene messi davanti all'impossibilità e l'impossibilità è brutta perché non crea scappatoie, non ci sono soluzioni e neanche un miracolo di Val Morel potrebbe riuscire a smuovere delle acque non destinate ad essere smosse.
Siamo padroni della nostra vita, possiamo scegliere molto eppure il destino alle volte si impone e non possiamo fare nulla. Ma non è di questo che dobbiamo preoccuparci ma del fatto che un desiderio richiede un sacrificio e una volta ottenuto l'oggetto bramato non è possibile tornare indietro e bisogna prendersene cura senza se e senza ma.
Io lo dico senza alcun problema: sono contro i matrimoni, le promesse e i legami. Forse dovrei spiegarmi meglio: in un mondo in cui tutto si rompe e si va a cambiare al negozio il prima possibile, alle volte anche a titolo gratuito, non credo che il culto della relazione e della promessa sia da prendere così sottogamba. Sebbene l'amore sia un legame forte e pieno di energie, è raro che si instauri, che si fortifichi e che resista alle intemperie quotidiane perché il grande sacrificio che comporta l'amare è quello dell'annullarsi e del collegarsi e non tutti sono disposti a farlo, non tutti sono disposti a mutare per l'altro. Viva l'amore e viva l'amore in tutte le sue forme, ma c'è sempre un prezzo da pagare e mi sembra che questo prezzo venga pagato sempre meno o con meno convinzione.
Ad ogni modo, durante i colloqui non ho potuto non ascoltare alcuni discorsi di genitori che erano nelle mie vicinanze, genitori che avevano fatto un sacrificio ma erano comunque lì nonostante il lavoro vada male o le economie famigliari non fossero proprio buone ma erano contenti ed eccitati perché forse sono proprio le persone con più problemi che riescono ad apprezzare anche un tedioso pomeriggio tra i banchi dei piccoli. Ma non parlo di quei genitori, quelli sono i genitori della Marvel, che sotto la camicia hanno una M o una P stampata nelle loro tute da super eroi. Io parlo dei genitori che si lamentano sempre e comunque, quelli che vivono di rendita e sono stanchi, che rimangono a bocca aperta a delle normali richieste dei bambini, quelli che forse dovrebbero farsi una chiacchierata con chi un bambino suo non potrà mai averlo e se mai lo avrà dovrà combattere e lottare contro scartoffie legali e vincoli molteplici.
A 22 anni conosco poco e il senso paterno non so neanche cosa sia (ed è giusto così alla mia età) ma non posso tollerare chi nella vita ha avuto la benedizione di fare delle scelte e poi se ne lamenti ogni giorno perché ormai si è installato il virus del chiacchiericcio sterile, della lamentela a spada tratta e dell'immobilità davanti ai problemi ed è per questo che dico senza alcun rimorso che fare un figlio è un patto grande che deve essere rispettato, lamentarsene continuamente è come rinnegarlo.
Ecco perché credo che il mondo sia ingiusto perché chi ha non se ne cura e chi non ha non può far altro che guardare a distanza e nel peggiore dei casi, sospirare.
Nessun commento:
Posta un commento