L'Università è un posto meraviglioso abitato da esseri meravigliosi, dolci e divertenti ma soprattutto pieni di speranze per il futuro.
L'Università è per i giovani diciottenni il luogo in cui tutto lo scibile esistente al mondo è inglobato, le cui biblioteche emanano sapere e cultura.
L'Università è il posto in cui gli studenti pensano che da lì le strade e le porte del lavoro si apriranno e li accoglieranno nonostante la gavetta e nonostante la fatica naturale che porta il percorso scelto.
Ecco, vi devo dire che non c'è nulla di più sbagliato.
I fatti non corrispondono alle teorie mistiche e ai sogni dei poco più che maggiorenni.
La realtà è che l'Università se non è ben strutturata non ti porta proprio a nulla e anche se lo fosse si necessità che lo studente abbia delle capacità strategiche che possono essere apprese dopo anni di partite a Risiko e a giochi di strategia per consolle.
Intendiamoci: non sto dicendo che l'Università sia un'istituzione inutile. Sto solo dicendo che non è utile a trovare lavoro per come è organizzata.
Di base posso dire che è molto simile al Trivial Pursuit: rispondi bene alle domanda della materia e prendi un triangolino, prima rispondi bene, prima ti laurei.
Zittisco subito i ciarlatani "Questa cosa vale solo per le facoltà umanistiche. A ingegneria, medicina e tanto altro non funziona così!" direbbe il ciarlatano e io risponderei "E meno male che non funziona così perché sinceramente essere operato da uno che a medicina non ha fatto proprio pratica non è un pensiero molto felice!".
Purtroppo questo ragionamento viene fatto anche dagli amici e dalle amiche di facoltà più "pratiche". C'è chi si lamenta che non sa disegnare a ingegneria, chi che la pratica a medicina sia pari a zero e chi che gli stage messi a disposizione dalle università siano utili come sapere il numero degli intrecci famigliari di Centovetrine.
Il caso Expo ne è un esempio.
E allora da laureato più o meno soddisfatto del mio corso di laurea ma comunque credente che la cultura non porta mai cose negative mi sono inevitabilmente chiesto: ma l'Università serve davvero a trovare lavoro? Perché dobbiamo pensare anche all'utile, non solo all'etere perché proprio con l'etere non si pagano le bollette e gli affitti. E allora questo lavoro sarà veramente un effetto sicuro di un duro lavoro universitario e personale?
Nella storia abbiamo migliaia di esempi di uomini e donne laureati che hanno davvero portato un contributo significativo al miglioramento della vita dell'uomo e anche dei loro conti in banca. Però ci sono nuove professioni, nuove categorie sociali che sono nate di recente che hanno davvero messo a rischio il potere del "pezzo di carta" nella ricerca di un lavoro che piaccia e che porti una cifra onesta nel portafogli. Ecco perché quando parlo con nuove anime appena diplomate mi sforzo di non urlargli contro che per i progetti che hanno l'Università potrà aiutarli fino ad un certo punto perché una volta laureati il gioco dell'oca finisce e il lavoro non è più una conseguenza, più che altro una benedizione dall'alto.
E poi il problema più grande è che l'Università è aperta a tutti. Ma veramente a tutti. Non ci sono test a numero chiuso che possano fermare i parcheggiati e non ci sono esami che spaventino chi è all'Università solo per avere lo sconto al cinema. E da questa considerazione ancora non posso dire che è una conseguenza dell'incremento delle entrate un incremento della qualità della didattica. No, anzi più iscritti ci sono (più beceri ci sono) più i poveri insegnanti fanno fatica a insegnare qualche pillola spendibile per il percorso lavorativo.
Detto questo, diplomati e diplomate future, guardatevi bene dallo scegliere l'Università se non avete davvero le motivazioni giuste. Guardatevi bene dallo scegliere l'Università se non sapete cosa fare nella vostra vita e sperate che tanto in 3, 4 o 5 anni la soluzione cada come nettare dal cielo. Lasciate perdere. E poi rettori e rettrici che tanto amate che vi si chiami Illustre, fate in modo che questo appellativo possa essere meritato. Basta fare boiate di natura economica e politica ai danni di chi invece vuole imparare, vuole studiare, vuole conoscere. Basta mandare i messaggi di auguri ad ogni festività perché ogni volta che un laureato serio manda curricula e non riceve risposta vi augura solo brutte cose ripensando ai disagi avuti nel percorso di studi visto che l'Università che ha frequentato cadeva a pezzi o i servizi scarseggiavano. E voi giornalisti, basta essere pagati per scrivere articoli in cui classificate come le migliori questa o quest'altra Università: vogliamo parlare di classifiche? Parlate con chi la vive ogni giorno l'Università.
Parlate con quelli che si svegliano all'alba pur di frequentare le lezioni e nonostante questo si ritrovano a seguire nei corridoi o per terra.
Parlate con quelli che lottano con una burocrazia asfissiante.
Parlate con i professori che continuano a chiedere di poter far lezioni in luoghi e in modalità corrette per loro e per i loro studenti.
Giornalisti, se vi fate pagare per posizionare in modo strategico le Università su una tabella evidentemente falsata, sappiate che contribuite a sostenere un sistema malato che porta menti belle e oneste fuori dall'Italia, menti che lasciano tutto per trovare fortuna quando con un sistema diverso potevano trovarla a casa loro, nella loro nazione e vivere nella loro tavola.
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