martedì 21 giugno 2016

Il mio bicchiere mezzo pieno

Questo weekend è accaduto qualcosa che non avrei mai pensato potesse succedermi, una di quelle cose che non ti aspetti. Ho vissuto ore surreali, confuse, come se fossi in un film. Un thriller però, non una dolce commedia.

Ma partiamo dal principio.
Giovedì sera ho organizzato una cena a sorpresa per un'amica che sarebbe partita nel weekend per una nuova emozionante avventura. Abbiamo mangiato, ricordato, riso tanto. E poi di corsa a casa che il giorno dopo si lavora, si studia, si fanno esami. Arriva la mezzanotte, vado a dormire, posando, come al solito, il pc sulla testiera del letto. Prendo subito sonno e poi nulla, il buio, nessun ricordo di quella notte, che è una cosa rara per me, perché solitamente mi sveglio, mi giro, mi volto e mi ritrovo sempre con un cuscino per terra. Quella notte no, quella notte solo il buio.

"Someone like you" ha iniziato a suonare. La mia sveglia era attiva ma io no, ero confuso, stordito, immobilizzato in uno stato di semi-coscienza. E una volta ripreso ho capito che qualcosa era successo, che degli intrusi erano venuti a violare la quiete della notte, del sonno per privarmi di oggetti a me cari. Per farlo in estrema sicurezza, sono riusciti anche a narcotizzarmi.

Ecco, questo è successo giovedì notte.
Alcuni potrebbero chiedersi se sia andato nel panico, se abbia preso il primo biglietto del treno per tornare a casa o se questa cosa mi ha profondamente turbato. Non è andata proprio così. Quando ho scoperto ciò che era successo mi sembrava che fosse caduto il mondo. Poi ho sentito i miei genitori e nonostante la debolezza che scorreva lenta, non era un'opzione farsi trascinare dalle emozioni, occorreva reagire. Così ho sbrigato tutte le pratiche necessarie in questi casi: denuncia e un salto in ospedale.

Ciò che mi ha dato la forza in quel momento così terribile è stato sapere che nel momento del bisogno avrei trovato qualcuno accanto a me. Perché sono questi i momenti in cui realizzi chi ti è accanto, questi i momenti che conosci chi sta facendo con te la strada. Ed è un qualcosa di meraviglioso scoprire da quanto amore si è circondati e quanto invece ci siamo sbagliati su alcune persone. Alle volte ci si fa imbrogliare da promesse, bei momenti, sguardi e attenzioni che alla fine però non sono che un passaggio, un momento. In fondo non è quello l'importante, ciò che è importante è scoprire che in questi anni hai creato dei buoni rapporti, solidi, profondi e che nonostante la distanza temporale e spaziale, ci si vuole bene come se il tempo non fosse mai passato.

Ed è bello sapere di aver costruito, è bello ricordarsi di essere una persona che costruisce, che non distrugge, che lega e non separa. E alle volte me ne sono dimenticato, ed è stato bello ricordarselo.

Questo è il mio bicchiere mezzo pieno.

Spero riusciate a trovare il vostro anche nelle situazioni più disperate: c'è sempre!

mercoledì 15 giugno 2016

Rispondete con un sonoro "Sticazzi!"

"Ma lascia perdere: è fatta così.."
"Non lo fa perché sei tu, lo fa con tutti: è fatto così.."
"Abbiamo sempre fatto così: devi adattarti!"

Chi di voi ha sentito almeno una volta nella vita una frase del genere?
Sapete come rispondo io a frasi del genere? Con un sonoro "Sticazzi!"

"Sticazzi!" è l'unico modo chiaro e conciso per dare una risposta a sentenze del genere, perché siamo tutti liberi di essere quello che siamo, di avere le nostre giornate no, di avere i nostri periodi neri e di non avere simpatia per una persona o per una situazione ma finché si vive in mezzo a persone civilizzate, si parla in modo chiaro e pacifico, si cerca il confronto, si cerca di fare un'azione propositiva che possa dare modo all'altro di capire il tuo punto di vista e di comprenderlo in modo sereno.

"è fatto così" è la frase dei sottoni, delle vittime che stanno agli scazzi altrui, giustificandoli, oltretutto, per evitare ripercussioni. Abbiamo tutti una natura, un passato, un ego con cui fare i conti, ma dobbiamo farci i conti noi, non gli altri. Abbiamo tutti idee, pareri e riflessioni diverse: imporle non le renderà migliori di altre. Subirle tacitamente non renderà migliori noi.

Ecco perché il "fatto così" è un po' una frase idiota: perché se si è sempre fatto così e se si è sempre fatto male allora è giusto guardare le cose da un'altra prospettiva, utilizzare quella facoltà umana ignara a molti chiamata empatia e togliere l'arroganza di essere fatto in un modo e di non poter più settarsi in modo tale da migliorare, da fare meglio.

Dunque la prossima volta che vi dicono "è fatto così" rispondete con un sonoro "Sticazzi!"


giovedì 9 giugno 2016

Cosa è accaduto dopo l'ultima campanella

Era il 10 giugno del 2011. Ero in classe, stavo facendo la mia ultima ora di latino e quelle 12.15 tardavano ad arrivare. Alle 12 ci preparammo, aprimmo la porta e trovammo la bidella (si, lo so, si dice operatore scolastico) più emozionata di me e dei miei compagni che fissava l'orologio mentre il suo indice sfiorava il pulsante della campanella. Avete presente i minuti di attesa prima di un parto? Ecco, la sensazione era quella. Stava per succedere qualcosa, qualcosa di stupendo che avremmo ricordato e portato con noi per molto tempo.
10..9..8..7..6..5..4..3..2..1..Driiiin!
L'indice pigiava forte sul quel pulsante, forte come il battito dei cuori di tutte le persone che avrebbero sentito per l'ultima volta quel suono da studenti, perché sapevano che all'università non ci sono campanelle e che i genitori, molto spesso, fanno gli straordinari, non hanno un orario di uscita. Nel mondo reale, purtroppo, la campanella non esiste.

Corremmo tutti verso l'entrata della scuola e lì urlammo di gioia, bevemmo spumante dalla bottiglia e poi i gavettoni, le foto, le lacrime, gli abbracci e le promesse di eterna amicizia, di eterno amore. Dopo un po' di corsa a studiare per gli esami e da lì tutto ha preso velocità. Sembra come se quell'ultima campanella avesse deviato lo scorrere del tempo, una cosa che non la spiegano durante le lezioni di fisica ma che in letteratura o nei consigli dei nostri genitori l'abbiamo sentito spesso.
"Goditi quest'età che poi è un attimo.." diceva mia madre. E così è stato: in un attimo sono volati 5 anni colmi di belle esperienze, di tanti incontri e di piacevoli momenti ma anche di lavoro, di costruzione di me stesso e di esami universitari abbastanza stressanti.

E cosa ne è stato delle promesse fatte?
A distanza di 5 anni posso dire di essere felice di come sono andate le cose: le amicizie vere sono rimaste, gli amori sono finiti e tutto quello che ho imparato durante i miei 5 anni di liceo mi ha portato a fare le giuste scelte lavorative. I miei professori li sento sporadicamente e i miei compagni di classe li frequento quando posso, non tutti, chiaramente, ma le amicizie più strette sono ancora forti come erano un tempo, forse anche di più.

Quando quell'indice ha premuto il tasto della campanella, nessuno aveva idea di cosa sarebbe successo dopo. Nessuno si sarebbe mai aspettato che da quel momento la campana di vetro che ci ha difeso per tanti anni ha perso di valore e che da quel momento in poi avremmo dovuto cavarcela da soli. Ma se c'è una cosa che non è cambiata da quella campanella, è quel continuo sognare che spero non se ne andrà mai via e quel continuo lottare per le cose che sono importanti per noi.

Che poi è ciò che dovrebbe insegnare il liceo: lottare contro i propri limiti e contro anche gli ambienti più ostili per raggiungere i nostri obiettivi, i nostri sogni.

sabato 4 giugno 2016

Esperienze Ponte

Milano è una città selvaggia, piena di vita, di azione, di emozione.
Milano è grigia, ma è piena di verde, è piccola ma completa, è caotica ma ordinata, puntuale, stabile.
Milano, insomma, è la città che crea paura, disagio, voglia di scappare se non si riesce a capire subito il suo meccanismo, la sua meravigliosa trappola di opportunità che la città offre.
In una solitaria passeggiata tra i Navigli milanesi, circondato da poca gente, coppie che si scambiavano affettuosi baci, anziani che davano da mangiare alle anatre, un gruppo di ragazzi che ridevano e condividevano storie, c'ero io sul ponte della Darsena che facevo un rapido bilancio dell'ultimo anno e mezzo.
Tante cose sono successe, tante persone hanno incrociato la mia strada e alcune hanno anche fatto breccia nel mio cuore e mentre pensavo a questo, mi sono guardato intorno e ho capito che un suggerimento utile per questo mio bilancio era il luogo in cui ero. La mia esperienza a Milano è stata proprio quello, un ponte, un collegamento tra ciò che ero e ciò che voglio diventare. Perché a questo servono le esperienze di vita: a collegare chi siamo ora a quello che vorremmo essere un domani. Ho scoperto lati di me che non avrei mai potuto scoprire stando a casa, nel caldo della mia famiglia, delle mie abitudini e del mio comfort. Ho capito cosa voglio dalla mia vita lavorativa e soprattutto da quella affettiva. Ho scoperto nuove vite che sono state per me d'ispirazione, ho avuto le mie cotte e i miei due di picche e ho provato la meravigliosa sensazione della solitudine, del riempirsi da soli, del bastarsi anche quando non c'è nessuno lì con te a dirti cosa fare e cosa dire.
Ed è per questo che spero che possano tutti provare un' "esperienza ponte" così da provare la gioia di essere solo e di riuscire comunque a sopravvivere anche in una città come Milano, così stancante eppure così meravigliosa.