martedì 17 novembre 2015

Diario notturno di un neo 23enne

Se c'è una cosa bella dei compleanni è l'avere la possibilità di guardarsi indietro e di vedere ciò che è successo nell'ultimo anno. L'ho sempre considerato un capodanno in anticipo, un modo per rivalutare tutto, per capire cosa non è andato, cosa invece ha avuto successo, a cosa sono andati incontro i rapporti a cui teniamo e quelli che oramai non ci sono più. E in quest'anno posso dire di potermi ritenere fortunato perché ho avuto tanto amore nei miei riguardi sia dagli altri che da me stesso e non c'è vittoria più grande per me che sapere di avere così tanto affetto attorno.

Da quasi un anno ho lasciato la casa in cui ho vissuto per 15 lunghi anni, ho lasciato la mia famiglia, i miei amici, le mie strade, ciò che ho visto e vissuto per così tanto tempo e devo dire che il distacco è stato traumatico abbastanza da farmi seriamente domandare se avessi fatto la scelta giusta o se invece ci fosse bisogno di tornare indietro e rivalutare tutto. Ecco, dopo un anno, continuo a ripetere che ho fatto una scelta coraggiosa e che nonostante non abbia ancora trovato quello per cui sono partito, mi ritengo fortunato perché ho trovato molto altro, le cose giuste che mi hanno fatto crescere e hanno riempito il bagaglio che portavo dietro e lo hanno anche svuotato di paure, disagi e pessimismi.

Sapete cosa ho imparato quest'anno?

Ho imparato che la vita alle volte ha delle sfumature amare ma che c'è sempre la possibilità che il sole sorga ancora, all'orizzonte, in noi stessi e nelle nostre relazioni.
Ho imparato che le relazioni non sono fatte da chi rema in direzioni diverse, ma per chi rema in un unico verso anche se i due caratteri sono totalmente distinti.
Ho imparato che più si cresce e più è difficile creare dei legami, perché più si cresce e più le difese aumentano ed è sempre più difficile trovare qualcuno disposto a condividere le proprie cicatrici.
Ho imparato che l'amore incondizionato è potente perché supera le incomprensioni, i traumi e le delusioni e che nonostante ferite profonde si continua ad amare senza riserve.
Ho imparato che le strade potranno anche essere diverse ma che il passato unisce anche coloro che non vedremo mai più nella vita.
Ho imparato che dietro a ogni cosa c'è un messaggio nascosto, confuso e che chiede a gran voce di essere tradotto: niente è lasciato al caso, ogni cosa è meravigliosamente chiara.
Ho imparato che tutto cambia ma che certi rapporti restano nonostante la distanza, la difficoltà e la routine e non c'è niente di più bello. 

Ho imparato questo e tanto altro ancora e non vedo l'ora che in questo nuovo anno possa vivere ancora molto, possa vivere meglio e con ancora più impeto tutto ciò che la vita mi farà affrontare ricordandomi sempre che c'è in ognuno di noi c'è una quantità smisurata d'amore a cui si è destinati e che anche il periodo più buio è destinato a osservare una nuova alba.

lunedì 16 novembre 2015

Perché Inside Out non è un film per bambini

Ieri sera, con sommo ritardo, ho visto anche io il film Disney Pixar che ha mosso le folle al cinema negli ultimi mesi. Sto parlando di Inside Out, un film per bambini che poi per bambini non è e vi spiego perché.

Inside Out è il film di animazione che dovrebbero vedere tutti quelli che un giorno si svegliano e capiscono di essere dannatamente cresciuti e non capiscono come abbia fatto il tempo a volare così velocemente. La storia è semplice: c'è una bambina che è vegliata da 5 angeli custodi, Gioia, Tristezza, Paura, Disgusto e Rabbia, ovvero le 5 principali emozioni umane che l'accompagneranno per il resto della sua vita, vedendola crescere e volendo solo il suo bene. Ogni volta che la bambina, Riley, prova un'emozione, viene creata una sfera che cattura un ricordo che poi andrà ad accumularsi con gli altri ricordi e a dare vita a delle isole felici che compongono il suo carattere.

Insomma, la storia è molto carina, divertente e simpatica ma ai bambini insegna poco, perché i bambini non possono comprendere ancora l'idea del cambiamento, del distacco e dell'abbandono e infatti quando la protagonista del film si trasferisce in un'altra città, tutto il suo mondo crolla e i suoi 5 amici non riescono a gestire la situazione spingendola perfino a comprare un biglietto dell'autobus per tornare nella sua vecchia casa.

E invece Inside Out insegna molto ai grandi, a chi sta crescendo e a chi vede che il suo mondo si sta sgretolando, come si sgretolano poi le isole felici di Riley. Chi di noi non ha reagito male al cambiamento? Qualunque essere umano cresce e cambia e questo non può che essere una ferita grave all'interno delle sue credenze costruite nell'età dell'infanzia, della pubertà e dell'adolescenza. Il film insegna che queste ferite sono un passo obbligato per accedere ad una nuova fase della vita.

Ma vediamo un attimo cosa ci possono insegnare questi personaggi:

-Gioia, è quella che può insegnarci che per far filare tutto liscio bisogna lavorare e lavorare molto, sui rapporti, sui pensieri, su di noi e che bisogna costruire per poter essere felici.
-Paura, ci insegna che alle volte bisogna che si metta da parte o resteremo lì, fermi, immobili nelle nostre credenze, senza riuscire a migliorare, perché è uscendo fuori che si vive.
-Disgusto, ha invece un ruolo chiave, perché senza di lei scenderemmo tutti a compromessi mentre invece grazie a lei si può decidere di vivere secondo le nostre regole, senza preoccuparci troppo della solitudine.
-Rabbia invece potrebbe essere d'insegnamento a molti, sopratutto in questo periodo, perché nonostante il fuoco che gli esce dalla testa, arriva il momento in cui capisce quando fermarsi e che si è fatto un evidente errore
-Tristezza, la mia preferita, quella che tutti noi cacciamo dalle nostre vite, quella che non si augura a nessuno e si cerca di placare se è insita in noi senza sapere che è solo grazie a lei che si può godere ancora di più dei momenti di gioia.

Dunque ecco perché Inside Out non è un film per bambini ma per adulti: alle volte ci dimentichiamo i nostri sentimenti di base e se c'è un film animato che può ricordarcelo, non capisco come si possa non vederlo.

mercoledì 11 novembre 2015

Il peso dei ricordi

Ero piccolo, molto piccolo e la mattina del mio compleanno sentivo la voce di mia madre che dolcemente mi svegliava. Poi l'odore forte del latte caldo e del cioccolato. Il tatto si attivava alle sue carezze, poi la vista, un po' appannata, trovava anche lei un modo per darsi da fare. E infine il gusto, non quello del latte caldo o del cioccolato, ma quello del momento, di ciò che sarebbe accaduto in quella meravigliosa giornata che era il mio compleanno. Era tutto perfetto, anche l'abbraccio frettoloso di mio padre che scappava al lavoro o il doverlo sentire per telefono se già era andato via al mio risveglio: un augurio, il suo, che si presentava come un'assaggio di un piatto più abbondante che avrei potuto gustare solo a fine giornata, al suo ritorno dal lavoro. 

Questa per molti anni è stata una tradizione che mi sono portato dietro e come tutte le tradizioni anche questa ha avuto la sua fine, perché se c'è una cosa che ho imparato negli ultimi 22 anni è che le tradizioni devono essere vissute al momento, senza sperare di avere una seconda possibilità, senza pensare che tanto ci sarà un'altra volta per poter gustare quel preciso istante. 

Si, è vero: ci sono tradizioni dure a morire e dunque non gli diamo neanche il giusto onore. Eppure le tradizioni sono un ciclo vitale, sono vissute da umani e come ogni cosa prodotta dalla natura umana, sono destinate ad avere una morte. Che poi se ci pensate, questo è meraviglioso, perché ci permette di creare nuove tradizioni, di poter fare ancora meglio, qualcosa che porti ancora più sorrisi rispetto alla tradizione precedente. Non bisogna mai mettersi troppo a pensare su ciò che è passato e che è andato, perché quel passato non tornerà più e molti passati non hanno una soluzione, sono solo lì, in attesa di essere dimenticati perché si può scegliere di dimenticare le cose in due modi: nel modo consapevole o nel modo istintivo.

E il secondo il problema. Alle volte perdoniamo e poi non dimentichiamo ciò che ci è successo e per questo accumuliamo pesantissimi ricordi, emozioni, sentimenti che non riusciamo più a gestire. Ogni cosa che non dimentichiamo si accumula, forte e sedentaria, creando un'armatura, modificando credenze e comportamenti, rendendoci più deboli poi alle avversità che ci circondano: come si può combattere se non riusciamo neanche a muoverci per il peso che ci portiamo dietro?

Ecco perché dovremmo tutti riprendere le nostre tradizioni, quelle più pesanti, che ci portiamo dietro non con leggerezza ma con pesante angoscia e lasciarcele alle spalle, creando nuovi ricordi, nuove emozioni, nuovi immagini da guardare, anche e sopratutto quelle con qualche imperfezione, perché non sarebbe vita se i ricordi e le tradizioni non ci provocassero qualche ruga e per essi non c'è trucco che regga: ciò che possiamo fare è solo lasciare tutto alle spalle e vivere per ciò che verrà.


sabato 7 novembre 2015

Guardare/Vedere/Sentire: i verbi delle relazioni

Ho sempre pensato che sia possibile catalogare le relazioni in tantissimi modi diversi riuscendo a prendere delle variabili sempre nuove e punti di vista sempre diversi. Così ho pensato che potessero essere definibili con tre verbi all'infinito, a mio parere, di rara bellezza. Questi tre verbi, Guardare/Vedere/Sentire, sono, a mio parere, gli indici di profondità di una relazione: più si sente e più si è in profondità, più si guarda e più si ammira la superficialità.

Guardare.
Possiamo guardare un film, un luogo, una persona e riuscire a ricordarne nel tempo le sue caratteristiche fisiche e le sue peculiarità. Di una persona possiamo ricordarne l'altezza,il colore degli occhi, dei capelli, il tono della voce, il colore preferito e ricordarne l'accento, un modo di dire particolare, una voglia in una zona precisa del corpo.
Sono quelle relazioni che si hanno con i conoscenti, con le persone incontrate da poco, con cui si sta bene ma non ci si conosce poi più di tanto, quelle persone che se a fine serata ognuno prende la propria strada non ci sarà poi troppa nostalgia se non dovessero più comparire.

Vedere.
Ci sono persone che riescono a vedere oltre, che riescono a catturare dei dettagli che altri non notano senza neanche conoscere poi la materia in cui si imbattono nello specifico. A distanza di tempo di una persona possono ricordare una certa luce negli occhi, un certo tipo di sorriso, possono catalogare le sfumature della voce e le volte in cui si arrabbiano per stanchezza o per ragion d'essere.
Sono quelle relazioni di amicizia stretta, di contatto, in cui si è condiviso molto o sono gli amori, quelli viventi, quando tutto è meraviglioso e ogni scoperta è ogni volta un colpo al cuore.

Sentire.
Per alcuni fortunati si possono anche sentire le persone, gli ambienti, le situazioni. Possiamo paragonare questo status di pochi eletti alla visione della nostra opera d'arte preferita all'interno di una galleria di grande valore: sentiamo il pathos, la storia, il dolore, l'amore e la morte stando lì, fermi davanti al quadro, alla foto o alla statua che ci suscita quell'emozione. Non c'è bisogno di sforzarsi poi così tanto.
Sono quelle relazioni che, volente o nolente, non potrai mai darci un taglio netto. Sono le relazioni di puro amore incondizionato e di puro amore passionale, stavolta, purtroppo, anche non più vivente.

Ed è così che nascono le relazioni e che proseguono nel loro svilupparsi. Nasce tutto da uno sguardo, prima poco attento e poi profondo. E poi ci si inizia a conoscere, a vedersi, a scrutarsi e a piacersi. Fino a quando si riesce a percepire ogni tipo di aura che emana la persona con cui ormai il rapporto è diventato sublime, alto e di grande valore. Ed è proprio il momento in cui senti una persona, ne conosci le vibrazioni minime che allora potrai affermare di conoscerla veramente.

lunedì 2 novembre 2015

Pechino Express: la vittoria delle differenze

Si, lo so, sono noioso, ripetitivo e mi scuso se sono da arresto per oltraggio alla noia pubblica ma non posso non nascondere che la vittoria degli Antipodi, Roberto Bertolini e Andrea Pinna, non mi abbia reso pieno di gioia. Insomma, quante volte nella tv nazionale, in prima serata, venga omaggiata così tanto la vittoria delle differenze?

Antipodi: già il nome è un successo.
Le personalità della coppia: un vero trionfo.
Ma spieghiamo il perché del mio gaudio.

In un articolo precedente avevo già elogiato i due partecipanti alla competizione: già alla prima puntata avevo scritto un articolo su di loro e sulla coppia degli Artisti perché erano quelli che vedevo più in gamba, con qualcosa da dimostrare e sopratutto con qualcosa da insegnare. Basta con il buonismo del "non devo insegnare niente a nessuno", Roberto e Andrea sono stati in grado di dare una voce nuova e poco conosciuta a un pubblico che una coppia del genere non la vede spesso in prima serata.

Roberto è stato definito il gigante buono, il difensore dei deboli, il protettore degli indifesi e le malelingue avranno anche potuto notare il suo sviluppato lato femminile ma è un lato con cui, a mio parere, ha un legame sereno, tranquillo che potrebbe essere d'esempio a molti. Ma prima di additarlo come un gay con la maglietta rosa che urla al contatto con gli insetti (vorrei poi sperimentare la reazione che avrebbero altri tipi di target) lui si è dimostrato un ragazzo semplice, umile, un guerriero, un lottatore e un professionista come pochi perché ha sempre motivato il suo compagno, non sempre nel modo giusto ma lo ha comunque spronato a combattere i suoi limiti, a infrangere le barriere che tutti noi ci poniamo nella nostra mente, ogni giorno, in ogni momento. Più che un personal trainer io lo definirei un life coach e l'amico che tutti vorrebbero avere quando il buio totale pervade l'aria nei momenti difficili. Una grande scoperta, un ottimo concorrente, un guerriero come pochi.

Andrea è invece il ragazzo dalle parole taglienti, lo scrittore di Catilinarie del nostro tempo, magari non nella forma ma nel contenuto sì. Per quelli che non lo conoscono a pieno, è un social media manager del proprio pensiero, un connubio tra pura sincerità e acidità, dote che solitamente allontana, perché in fondo la verità fa male eppure lui sulla verità sta costruendo un impero di seguaci. Andrea in questo percorso ci ha insegnato il valore della pazienza, dell'ironia e sopratutto dell'autoironia: si è messo a nudo pur di vincere e rappresenta ogni ragazzo o ragazza con un sogno che lotta per realizzarlo. A mio parere, è indicativo come ogni volta che si sia fermato, lamentato e chiesto una pausa, si sia poi ripreso e continuato ad andare avanti, magari col fiatone e col sudore colante, senza però arrendersi. Ora che è tornato più ricco da questa esperienza, le sue perle saranno ancora più forti e noi non potremmo chiedere di meglio.

La coppia degli Antipodi ha dimostrato tanto in questa edizione al pubblico pagante, ha dimostrato quanto gli stereotipi siano sinonimo di ignoranza, quanto possano due uomini omosessuali vivere in amicizia, possano essere forti, cadere e rialzarsi, combattere insieme e mandarsi a quel paese. Ci hanno insegnato, in sintesi, che la differenza è solo una parola e che tutto può essere compreso in un unico grande sistema sociale.