lunedì 2 marzo 2015

Settimane con un nome e i peli di Dakota

Milano è un centro attivo, vivo e vivace.
Così attivo, così vivo, così vivace che organizza delle settimane particolari, settimane gemellate con altre compagne altrettanto caotiche e ordinate allo stesso tempo.

La settimana passata ha avuto una doppia celebrazione: i social media e la moda.

Nel primo caso comunicatori, uffici stampa, studenti e appassionati di quel mondo si sono riuniti nelle sale del Palazzo Reale per poter discutere di temi caldi che interessano gli esperti del settore. Si è parlato di tutto: dal lavoro inesistente, da quello esistente e si sono raccontate le esperienze di chi c'è riuscito, di chi è partito da poco e ne ha fatto uscire molto.
A mio parere sono state informazioni utili, se non tutte con un denominatore in comune: lavorare con i social media paga poco e toglie tanto tempo.
Naturalmente a me piacciono le cose più impossibili che probabili, ecco perché ho scelto questa carriera.

Nel secondo caso invece è stato impossibile non notare quanto la moda sia un richiamo sociale, uno specchio per le allodole che di base non entreranno mai a far parte del mondo delle feste su invito e delle scarpe da 4000 euro a paio. Ma nonostante questo Milano è stata invasa da look appariscenti e poco credibili, di tagli di capelli sbagliati, di eccessi ridicoli i cui protagonisti sono gli outsider, i sognatori, i credenti che la loro vita possa cambiare grazie ad un invito ad una di quelle feste.
Si, se i seguaci dei social media ambiscono a tanto sapendo di dover lavorare tanto, i seguaci della moda ambiscono ad un posto nella società che conta, o meglio, che nella loro testa conta perché non esistono società che contano, esistono lavori che pagano i tuoi sforzi, esiste la creatività e la passione e i riconoscimenti.
Il resto è copertina.

Infine devo chiarire il punto sul film 50 Sfumature di Grigio.
Allora sono uscito dalla sala con lo stesso sentimento provato con Harry Potter: i libri sono tutta un'altra cosa.
Dakota non assomiglia minimamente ad Anastasia, Jamie ha il doppiaggio di un adolescente alle prime armi con i porno.
Dakota non ci crede nessuno che a vent'anni non ti fai i peli sulle gambe, Jamie ha la moglie più comprensiva del globo.
Detto ciò la regia poteva elaborare molto meglio il film. Non si pone la giusta luce su problemi fondamentali che attanagliano i lettori:
1) perché lui non si fa toccare?
2) perché lei non scappa a gambe levate?
3) può la stanza Rossa delle torture essere invece un modo di amare?

Aspetto il secondo film per vedere come andrà, per ora il film è rimandato a settembre.

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